MAXINE FUNKE
River Said
(Disciples, 2023)*
L’interesse per ambientazioni rarefatte non costituisce una novità per Maxine Funke, che ha spesso interpolato le proprie scarne canzoni acustiche in bassa fedeltà con passaggi atmosferici di ricercata sperimentazione sonore. Mai, tuttavia come in “River Said” i due aspetti erano stati presentati così limpidamente distinti e, al tempo stesso, integrati.
Il breve lavoro è infatti ripartito in due parti ben distinguibili, la prima delle quali potrebbe essere una sorta di Ep a sé stante, formato da cinque canzoni che replicano l’esile formula di chitarra acustica e voce, che l’artista neozelandese condensa in cartoline di soffusa introspezione, in una combinazione di polveroso intimismo folk che ancora una volta materializza inevitabili rimandi a Sybille Baier. La scarna linearità armonica dei brani e le delicate interpretazioni di Maxine Funke tratteggiano minimali ballate fuori dal tempo, con una naturalezza ancora una volta incantevole.
Gli altri due brani in scaletta, che formano idealmente il secondo lato del lavoro, mutano invece radicalmente registro, concentrando l’inclinazione sperimentale di Maxine Funke in una sequenza movimenti di violoncello, dapprima plasmati in iterazioni droniche assistite da effetti e field recordings e quindi, lungo i dieci minuti della conclusiva “Oblivion”, presentati nella loro scarna essenza acustica. Proprio questo brano costituisce l’ideale punto di incontro tra i due binari espressivi dell’artista neozelandese, la cui voce setosa entra con discrezione dopo la metà del brano, ad ammantare di grazia visionaria quella che diventa così una ballata dall’incedere ipnotico, sintesi quanto mai emblematica della personalità di un’artista a tutto tondo, che dal suo remoto understatement continua a dispensare stille di fragile magia.
*disco della settimana dal 24 al 30 aprile 2023
music won't save you 