sara_forslund_water_became_wildSARA FORSLUND – Water Became Wild
(Volkoren / Time Sensitive Materials, 2015)*

La voce di Sara Forslund si era fatta apprezzare nel duo Birch And Meadow, di recente condiviso con David Wenngren (Library Tapes). In quel contesto eminentemente atmosferico, le interpretazioni dell’artista svedese assumevano una consistenza in prevalenza magica e incorporea, coerente con il contesto drone-folk e comunque per nulla estranea a una propensione sperimentale di base. Eppure, folgorata dall’essenzialità e al tempo stesso dalla pienezza del suono di una semplice chitarra acustica, la Forslund condensa, nel suo debutto solista sulla lunga distanza, linguaggio cantautorale e un intimismo risonante, che non necessita di dispositivi elettronici né interventi di produzione, mostrandosi invece autosufficiente a tratteggiare bozzetti di sognante introspezione.

Non per questo, tuttavia, “Water Became Wild” è un album di cantautorato classico, né tanto meno di sola chitarra e voce; se infatti è vero che le sue dieci tracce sono ampiamente incentrate sul calore discreto di corde delicatamente pizzicate e sulle armonizzazioni suadenti ed eteree dell’artista svedese, non manca tuttavia la ricerca di minimali soluzioni d’arrangiamento (note pianistiche, inserti di fiati, una vaga ambience creata da archi lontani), funzionali ad esaltare attraverso sfumature molteplici la disarmante profondità di canzoni di fragile forza espressiva.

Fin dai primi sospiri armonici e dai vapori impalpabili dell’iniziale “Stay Love”, Sara Forslund pare dischiudere il contesto di soffuso intimismo nel quale ha scritto le sue canzoni: si tratta di una dimensione raccolta e visionaria nella quale l’artista si confronta con se stessa e con i propri fantasmi (metafora peraltro ricorrente nella sua biografia), letteralmente spogliandosi di sovrastrutture ed edulcorazioni. Prende così forma uno spazio sonoro sospeso, traboccante emozione, appena riempito da una voca fatata e scandito da note acustiche, dalla cui interazione non nasce, comunque, nulla di tipicamente “folk”. Si tratta, piuttosto, di una preziosa ambience acustica, a tratti non dissimile da quella di Gareth Dickson (pare che proprio la visione di un concerto di Dickson abbia spinto la Forslund alla ricerca del suono proposto in “Water Became Wild”), che non rifugge il formato cantautorale, declinandolo invece con piglio trasognato e palpitante coinvolgimento.

A diafane canzoni di un “grado zero folk”, quali la title track e “Twisted Wind”, la Forslund accosta i velluti jazzy di “Do You Ever” e la leggiadra intensità pianistica di “Morning Is Leaving”, mostrando tuttavia nei riflessi adamantini delle varie “Tree Of Dreams”, “The Dream” e “Singing Me Through” una straordinaria naturalezza espressiva, in grado di creare un ambiente di intimismo condiviso, al tempo stesso dolce e austero. “Water Became Wild” è uno spazio di rigenerante penombra, un luogo dell’anima da scoprire e conservare con cura.

*(disco della settimana dal 15 al 21 giugno 2015)


http://www.saraforslund.com/

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