PHILIPPE LAMY – Slowfast
(Dronarivm, 2012)
“Slowfast”, debutto solista in formato fisico del francese Philippe Lamy, potrebbe essere un perfetto esempio dell’applicazione al suono di un impianto concettuale di base, operazione spesso ricorrente da parte di musicisti sperimentali.
In coerenza con la desolazione desertica della copertina, il lavoro prosciuga letteralmente il contenuto di statiche saturazioni e soffi lievemente distorti che percorrono la sua ora abbondante di durata. A partire dai dieci minuti dell’iniziale “Esne”, Lamy lambisce continuamente il silenzio attraverso l’utilizzo di frequenze subliminali, che solo per brevi tratti assumono una qualche irregolare consistenza granulosa (“Grammo”) o possono essere colte sotto forma di tenebrosi riverberi dark-ambient (la conclusiva “Phnow”).
L’ascolto, disorientante e faticoso, di “Slowfast” adempie probabilmente la finalità concettuale sottesa all’opera, lasciando tuttavia aperto l’interrogativo sull’effettiva efficacia comunicativa della forma espressiva “pura” dell’artista francese, che invece nella collaborazione con Pleq ha dimostrato una più pronunciata definizione.