MONEY – The Shadow Of Heaven
(Bella Union, 2013)
Di aspettative per “next big things” il sottobosco britannico è incessantemente popolato; poche, tuttavia, si presentano all’album di debutto con credenziali come quelle dei Money, quartetto di Manchester l’ascolto del cui singolo dello scorso anno “So Long (God Is Dead)” ha talmente impressionato Simon Raymonde da indurlo a metterli sotto contatto con la sua Bella Union.
Proprio dalle eteree inquietudini di quel brano trae le mosse “The Shadow Of Heaven”, disco estremamente articolato che vede la band cimentarsi in una varietà di registri persino disorientante. Che i Money non ambiscano al rango di popstar risulta sufficientemente chiaro dalla complessità delle strutture dei loro brani, che pur non disdegnano slanci epici, tra retaggi wave (“Hold Me Forever”) e impensabili quanto fugaci assonanze con i Coldplay (“Bluebell Fields”).
I dieci brani del disco denotano infatti un’incessante successione di orchestrazioni sfumate, ritmiche al rallentatore, oscure torsioni elettriche e dimesse melodie al pianoforte, che viene ricondotta a una relativa unità quasi solo dal tono alto e vagamente enfatico delle tormentate interpretazioni del frontman Jamie Lee.
Fascinose ascendenze da “maudit” e un’indole al trasformismo coerente con le recenti tendenze indie si coniugano così in un album dalla fisionomia inafferrabile, che di certo non passerà inosservato per varietà e ambizione niente affatto comuni.
(pubblicato su Rockerilla n. 397, settembre 2013)