origamibiro_oldhams_standardORIGAMIBIRO – Odham’s Standard
(Denovali, 2014)

Curiosa la storia di Origamibiro, originario progetto di Tom Hill divenuto ben presto un duo con la partecipazione di Andy Tytherleigh a partire dal periodo successivo allo splendido e misconosciuto debutto “Cracked Mirrors And Stopped Clocks” (2007). Per oltre sei anni le fragili intersezioni di elettro-acustica ambientale dei due musicisti inglesi sono rimaste appannaggio di pochi cultori del genere, prima che la tedesca Denovali ripubblicasse in un limitato cofanetto di quattro vinili l’intera discografia di Origamibiro, comprensiva del doppio album di remix del secondo disco “Shakkei”.

L’operazione di ristampa integrale è stata premessa per un nuovo disco originale, profondamente influenzato dall’ulteriore ampliamento del progetto, che oltre ai due musicisti comprende adesso anche il misterioso artista visuale che si fa chiamare The Joy Of Box. I dieci brani di “Odham’s Standard” nascono infatti da suggestioni strettamente visive, anzi visionarie: la traccia concettuale ad essi sottostante è infatti costituita dall’interesse di Tom Hill per l’idea soprannaturale che immagini e suoni di spiriti possano essere incisi su nastro magnetico o su pellicola fotografica.

Il tema è sviluppato nel corso del lavoro in una serie di istantanee spettrali piuttosto concise, incentrate su una strumentazione in prevalenza acustica che, unita alle atmosfere di base, delinea il profilo di un piccolo ensemble da camera di una casa degli spiriti, rispetto alle cui tenebrose esecuzioni l’elettronica riveste il ruolo di semplice corollario. La sua presenza si atteggia infatti nel corso dell’album soltanto sotto forma di esili screziature, crepitii e pulsazioni appena percettibili, che del contesto concettuale di “Odham’s Standard” incarnano il ruolo di sibili e microsuoni d’ambiente, mentre corde pizzicate, archi obliqui e note pianistiche spezzate occupano il centro di un proscenio acustico scarno e straniante.

Spiazza non poco tale transizione di Origamibiro, nella quale gli strumenti si muovono con precisione vagamente inquietante, denotando una spiccata capacità nel disegnare atmosfere attraverso poche pennellate cadenzate con perizia impressionistica. Tra il rilucente tintinnare di liquide miniature acustiche spiccano poi gli archi dissonanti di “Armistice Cenotaph” e le ebbre sfumature jazzy di “Tinder” e “Butterfly Jar”, che tuttavia appaiono piuttosto puntiformi variazioni di un registro in grado di coniugare l’austera orchestralità oscura dei Deaf Center con le alienanti partiture vittoriane di Michael Tanner. Anche al di là dell’immaginario dal quale è stata generata, “Odham’s Standard” è opera originale nello svolgimento e dotata di rara evocatività; un passo ulteriore nei possibili mondi del camerismo elettro-acustico.


http://www.origamibiro.com/

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