30KM INLAND – Stolen Shore Lines
(Self Released, 2014)
La sigla 30km Inland aveva fatto finora capolino soltanto in un paio di raccolte dell’etichetta Second Language (“Vertical Integration” e “Minute Papillon”), colpendo subito con la freschezza mediterranea dei suoi impressionistici bozzetti acustici.
A quattro anni di distanza dalla prima apparizione, è finalmente tempo di un organico album di debutto del progetto dello spagnolo Xavier Martí, autoprodotto ma in qualche misura ancora sotto l’egida dell’etichetta inglese, in quanto il missaggio finale ne è stato curato da uno dei responsabili, ovvero David Sheppard (State River Widening, Ellis Island Sound, Snow Palms).
Nonostante siano state realizzate con la collaborazioni di altri artisti – segnatamente Ines Naranjo (Winter Cabin) e Peter Wix (Jean Paul Special) – che vi hanno prestato le voci, le cinque canzoni alternate ai cinque strumentali di “Stolen Shore Lines” risentono di tutta evidenza della provenienza di Martí, non solo nel concept sottostante al lavoro ma nelle stesse fragranze che ne ammantano i brani. Vi è infatti una forte impronta salmastra nelle tematiche nei suoni cesellati da Martí nei sei lunghi anni di elaborazione del disco, che non a caso trovano esito in un impianto sonoro delicatamente articolato, che spazia da pennellate acustiche minimali a impulsi folk-tronici da cameretta: in entrambi i casi, l’immaginario di “Stolen Shore Lines” disegna paesaggi di luminosa malinconia, che dell’ambiente marino sviluppa gli aspetti legati all’attesa e alla contemplazione solitaria e nostalgica.
In poco più di mezz’ora, si susseguono così istantanee strumentali degne della colonna sonora di un viaggio alla mercé dei venti tra derive e risacche (“Dies Empirics”, “El esplendido y ultimo adios”) e ballate di un folk dalle tinte pastello (“The Deckchair Man”, “Ceremony”, “Galleon Wine”) che gettano un ponte tra contemplazioni bucoliche e assolati languori di fronte all’immensità del mare. In questo contesto irenico, le briose ritmiche analogiche di “Wharf 77” appaiono un eccentrico richiamo a contesti urbani che poco hanno a che fare con il resto del disco. Eppure, persino in quest’occasione Martí riesce a gestire il brano con la medesima delicatezza di suoni e armonie che contraddistingue l’intero corso di un album piccolo e prezioso nella sua spontaneità mediterranea e naturale come una frizzante brezza che lambisce lingue di sabbia cui si collegano ricordi ed emozioni gentili.