LINEAR BELLS – The Stars Will Shine
(Soft Recordings, 2014)
La seconda uscita della nuova etichetta Soft Recordings vede come protagonista il progetto solista del suo creatore, il compositore francese David Teboul, che sotto l’alias Linear Bells dispensa una personale formula ambientale, frutto di una progressiva compenetrazione tra strumentazione tradizionale e filtraggi elettronici.
Entrambi gli elementi si ritrovano saldati in un visionario paesaggismo sonoro in “The Stars Will Shine”, doppio lavoro che descrive un lungo itinerario facilmente collocabile sulla costa atlantica settentrionale francese, sospeso tra sentori salmastri e atmosfere nebbiose di lande dal fascino aspro e sublime. Immagini, folate di vento e vapori condensati sono tradotti da Teboul in un’imponente sinfonia in due cd, ciascuno dei quali della durata superiore all’ora, la prima delle quali è ripartita in una pluralità di sequenze relativamente brevi mentre la seconda consta di appena quattro tracce di lunga durata.
Nella prima parte di “The Stars Will Shine”, atmosfere avvolgenti introducono da subito in un mondo onirico, dai contorni piacevolmente indefiniti, sui quali Teboul innesta di volta in volta rade note pianistiche, persistenti armonizzazioni di archi, screziature ritmiche e puntiformi irregolarità apportate da field recordings naturalistici o da filigrane che alimentano la sensazione di disadorna presa diretta del suono. Le sensazioni che promanano da tutti gli undici brani risultano tuttavia estremamente eteree e sognanti, denotando la spiccata propensione cinematica del compositore francese, il cui impressionismo ambientale pennella immagini costituite da un’affascinante scala di grigi attraverso l’accostamento di una pluralità di tessere di forma e origine eterogenea.
Animate da suggestioni affini, ma sviluppate in maniera diversa, sono invece le lunghe composizioni contenute nel secondo cd, ciascuna delle quali presenta caratteri propri: le magiche iterazioni orchestrali dell’aurorale “The King And The Frog”, il soffio incrinato in crescendo di “Too Young To Die” (venticinque minuti che vedono la collaborazione di Porya Hatami), i riverberi spumeggianti e lievemente distorti che precipitano lungo i ventisette minuti di “Waterfalls” e infine le torsioni concentriche della conclusiva “L’Oiseau”.
Se la stessa lunga durata di questi brani eleva in primo piano alcuni degli elementi costitutivi dell’estetica ambientale di Linear Bells, anche le più brevi cartoline sonore della prima parte appaiono dotate di una fluidità – ma tutt’altro che monotona – nella quale immergersi per un durevole itinerario tra ambient music e camerismo neoclassico, realizzato non per sommatoria ma per sintesi di elementi.