THIS WILL DESTROY YOU – Another Language
(Suicide Squeeze, 2014)
Al quarto disco in dieci anni di attività, i texani This Will Destroy potrebbero apparire ormai tardivi e anacronistici alfieri di quella miscela di progressioni granitiche e romanticismo cinematico che aveva definito il post-rock dei primi anni Duemila. Svanita rapidamente quella temperie espressiva sotto i colpi di un’eccesiva standardizzazione emulativa, al di là di qualche ritorno a sorpresa come quello dei Godspeed You! Black Emperor (ma quella è un’altra storia), si dibattono ancora sul mercato discografico poche band la forza della cui ispirazione non è stata scalfita dal trascorrere del tempo e dalle rapide mutazioni di pubblico e critica.
I This Will Destroy, in tal senso, si collocano a metà strada tra capostipiti ed epigoni, per il duplice motivo dell’arco temporale della loro attività e della ricerca, fin dalle loro origini, di possibili variazioni su un tema probabilmente troppo denso e monolitico per tollerarne di molto significative. Così, alle tentazioni elettroniche dell’omonimo album del 2008 sono seguite le brume malinconiche di “Tunnel Blanket” (2011): entrambe sono in qualche misura riassunte in “Another Language”, quarto album della band texana, ancora caparbiamente impegnata ad orchestrare sinfonie in bilico sul crinale tra rumore e atmosfera, tra tenebre opprimenti e squarci luminosi.
Lungi dal definire un nuovo standard per il genere, “Another Language” si segnala tuttavia gli incastri compositivi tra gli elementi cardine dell’espressione post-rock più emotiva, che la band dosa con sensibilità orchestrale e profondità immaginifica: non che crescendo e bruschi spasmi distorti siano assenti né tanto meno imprevedibili nelle nove tracce dell’album tuttavia, a fronte di residue screziature elettroniche, risulta evidente come la cura del quartetto texano sia stata nell’occasione riposta in particolare sull’elaborazione di trame strumentali ariose, non soltanto preliminari alle vigorose detonazioni ritmiche ed elettriche, bensì espanse e autonomamente capaci di dar luogo a un immaginario rarefatto, dallo spiccato contenuto descrittivo. Proprio quelle così costruite risultano le parti più suggestive del lavoro, costituite da vaporosi abbracci armonici che non solo dialogano con le componenti “fisiche” delle trame dei This Will Destroy ma tendono a innalzarsi a protagonisti di passaggi durevoli, che arrivano fino ad abbracciare l’intera durata di un brano (“Mother Opiate”), pregevole deviazione ambientale in un percorso tuttavia segnato da rilanci e crescendo a tratti persino violenti.
Al di là delle trite considerazioni sull’attualità o meno della formula espressiva, da “Another Language” giunge senz’altro la conferma che, per ascoltare del post-rock di qualità non stereotipata, i This Will Destroy restano una delle poche band sulle quali poter fare affidamento.