oquoaOQUOA – Oquoa
(Self Released, 2014)

Come spesso accade negli Stati Uniti, quella di Oquoa (da pronunciarsi a quanto pare “oh’ko’uh”) è una storia di trasformazioni, spostamenti e casualità. Tutto nasce dall’iniziativa di Max Holmquist (The Great American Desert) che nella sua Omaha concepisce l’idea di un progetto solista, poi ben presto condiviso con altri musicisti fino a raggiungere l’attuale quintetto, nel frattempo stabilitosi nell’Oregon, dove ha da poco pubblicato il proprio primo album omonimo, ripartenza artistica per la scrittura e per la vocazione melodica di Holmquist.

Sono le sue canzoni, infatti, a costituire il nucleo del primo lavoro firmato dalla nuova band e dalla stessa reso disponibile in download gratuito: benché variamente lavorati secondo una sensibilità che unisce reminiscenze rock da college radio a una matrice sostanzialmente folk, gli otto brani sono innanzitutto canzoni scorrevoli e ariose, innervate da un lirismo talora persino sopra le righe, che comunque ben si salda alla corposa grana elettrica di quasi tutti i brani.

Sono infatti scrosci di feedback e corpose cadenze ritmiche il biglietto da visita della band, fin dall’iniziale “Move Your Bodies”, scorrevole popsong dotata un robusto impatto elettrico e di sfumature di tenebroso romanticismo, che si muovono dalle parti del revivalismo wave da qualche tempo in auge oltreoceano (piuttosto che gli originali, potrebbero venire in mente gli I Love You But I’ve Chosen Darkness…). L’impressione trova conferma in buona parte dell’album (“Yellow Flags”, “Dreamers/Dreams”), anche se a tratti distorsioni pastose cedono il passo a riverberi più languidi e sfumati (“Treehouse”, “Mountain”), che lasciano affiorare in maniera più decisa il fluido songwriting di Holmquist.

È come se in sede di arrangiamento e registrazione, dopo aver stabilito l’impatto iniziale, la band avesse lavorato progressivamente per sottrazione, fino a lasciare al solo Holmquist il palcoscenico per un finale per certi sorprendente. La perla del lavoro coincide infatti con la conclusiva “Cigarette”, ballata narcolettica che avanza attraverso impulsi circolari, introducendo in una penombra malinconica, profondamente radicata nella tradizione delle dolenti confessioni folk. Proprio questo potrebbe essere un valido punto di partenza per i futuri passi del progetto Oquoa, sicuramente apprezzabile nella preponderante costruzione di dense trame rock, ma in grado di conferire alle canzoni di Holmquist l’adeguato accompagnamento di risonanze spoglie e rallentate.

Download gratuito via: http://oquoa.com


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