ITASCA – Unmoored By The Wind
(Marmara / New Images, 2014)
C’è una sottile linea che congiunge il semplice linguaggio folk alle più ardite sperimentazioni drone-psych che ormai da qualche tempo trovano il loro supporto prediletto in cassette dalla precaria qualità sonora e dalla diffusione inevitabilmente limitata. A quanti la hanno di recente attraversata nella direzione cantautorale si aggiunge a pieno titolo Kayla Cohen, al secondo album sotto l’alias Itasca dopo aver associato per alcuni anni la denominazione Sultan a una serie di manipolazioni drone in bassa fedeltà e di lunga durata.
Benché ancora legato a formati analogici – è pubblicato dalla cassette-label Marmara e su vinile dalla New Images di Matt Mondanile (Ducktails, Real Estate) – “Unmoored By The Wind” rappresenta una decisa transizione della Cohen a una dimensione di cantautrice folk. Si tratta di un folk visionario e “desertico” nella sua semplicità, palesemente erede di icone del folk al femminile quali Sibylle Baier e Linda Perhacs, ma dotato di un forte impronta personale, veicolata dalle pastose timbriche della Cohen, le cui interpretazioni sembrano davvero provenire da un diverso contesto artistico-temporale, e dalla capacità, mutuata dai suoi trascorsi artistici, di creare atmosfere polverose e arcane.
Oltre alla consistenza in qualche misura granulosa dell’ambiente nel quale risuonano i brani di “Unmoored By The Wind”, sono sufficienti pochi dettagli per modellare i suoi brani a immaginari che vanno dall’ascetismo del fingerpicking di “Walking In Hahamongna” alla psichedelia bucolica anni ’70 di “The Hermit’s View” e “Dream Of The Water Bearer”, fino alla consistenza onirica delle conclusive “Colt In Hiding” e “Glass”.
“Unmoored By The Wind” è tuttavia soprattutto un disco di canzoni, ammantate da un alone di magia antica e dagli aromi di spezie inebrianti ma pur sempre canzoni, tali da far emergere la forza interpretativa e la scrittura fuori dal tempo della Cohen. Ballate come “Alleyway”, “Congregation” e la sognante “Nature’s Gift” appaiono infatti nuovi frutti di linguaggi né nuovi né antichi, ma semplicemente radicati in una tradizione – comunicativa prima ancora che musicale – non passibile di collocazione temporale, nella quale si intrecciano storie personali, legami con la Madre Terra e misteriose visioni psichedeliche.
Tutto ciò è incarnato con naturalezza dalla voce calda e fortemente evocativa di Kayla Cohen, artista decisamente più legata al secondo termine della definizione rispetto alle sue “colleghe” drone-folk, che in “Unmoored By The Wind” ha dimostrato non solo la capacità di varcare in maniera credibile la linea tra sperimentazione e songwriting, ma di saper impiegare la prima per amplificare la forza del secondo in una magia in grado di ammaliare per far viaggiare con la mente.