satomimagae_kokoSATOMIMAGAE – Koko
(White Paddy Mountain. 2014)

Non manca di destare un certo incuriosito stupore imbattersi in un lavoro di fragile cantautorato folk proveniente dal Giappone, tanto più se lo si scopre attraverso un’etichetta abitualmente fonte di sperimentazioni ambient-drone quale la White Paddy Mountain di Chihei Hatakeyama.
Eppure, “Koko” è già il secondo disco di una fanciulla che si fa chiamare Satomimagae (probabile derivazione del suo nome proprio), pubblicato a due anni di distanza dal debutto “Awa”, che proprio grazie all’eccentrica collocazione produttiva potrà trovare un minimo di risonanza internazionale.

Essenzialità e grazia fragile espressiva costituiscono i cardini del registro dell’artista giapponese, applicato a undici concise cartoline in forma di canzone, tutte cantate nella sua lingua natale e contrassegnate da un titolo monoverbale. Tale dato incarna alla perfezione lo stile asciutto di Satomimagae, tuttavia non circoscritto a bozzetti dimessi e invece a suo modo deciso, tanto nel modo di suonare la chitarra – spesso obliquo e moderatamente ritmico – quanto nelle calde timbriche di armonizzazioni vocali vellutate ma non per questo inclini al languore.

Le canzoni di “Koko” sono lievi come piume ma dotate di un’anima robusta, attraverso la quale i profili più aggraziati del folk giapponese vengono filtrati da ambientazioni “da cameretta” in media fedeltà, alle quali il missaggio da parte dello stesso Chihei Hatakeyama dona ovattata consistenza spaziale. Il folk di Satomimagae si discosta, del resto, da quello della connazionale Muffin, con la quale condivide senz’altro la raccolta dimensione realizzativa e talune sfumature sognanti, mentre si discosta per la presenza nelle sue canzoni, in luogo di un alone visionario, di contenuti armonici concreti e di significative componenti ritmiche nel modo di suonare la chitarra (si prenda ad esempio il picking di “Manekare”).

L’artista giapponese si dimostra in tal modo in grado di costruire canzoni scorrevoli e compiute, in bilico tra tradizione (“Mikkai”, “Tomodachi”) e suadenti carezze dream-folk (“Niji”, “Fukurou”, “Ga”), frutto di una sensibilità cantautorale preziosa, per la quale il raccolto contesto di scrittura ed esecuzione rappresenta elemento costitutivo di un’estetica delineata con una naturalezza che non può fare a meno di incantare.

http://satomimagae.jp/

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