CHIHEI HATAKEYAMA – Mist
(White Paddy Mountain, 2015)
Nell’immaginario di naturalismo ambientale di Chihei Hatakeyama, le burrasche invernali del recente “Winter Storm” hanno lasciato spazio ai vapori di una primavera ancora timida, che avvolge il paesaggio in un’affascinante coltre nebbiosa. I sei brani di “Mist” rappresentano la traduzione in flusso sonoro puro di tale transizione da parte del sensibile artista giapponese, che torna così ad effondere le frequenze più basse e avvolgenti della sua tavolozza ambient-drone.
Ancora una volta, come nello stesso predecessore e fin dai tempi di “Ghostly Garden” (2010), si tratta della parte più convincente della sua sperimentazione, distillata in una materia sonora, appunto, vaporosa e inafferrabile ma anche coinvolgente, con la sua equilibrata miscela di drone finissimi e morbide modulazioni che li fanno evolvere in densi moti convettivi.
L’ambience dell’artista giapponese è variazione nella continuità, quiete in movimento, perfettamente effigiata dalle maestose rifrazioni di “Spherulite” e “Lone Wolf In A Heavy Snow”, elevata a sintesi di materiale e immaginario nella visionaria “A Silver Fence To Prevent The Entrance Of Horses” e infine sublimata nei lenti snodi che popolano i quasi dodici minuti della conclusiva “Nangoku”.
Unico elemento tangibile tra le spesse sospensioni ambientali di Hatakeyama sono i field recordings ornitologici della prima parte di “Glitter”, ben presto dispersi nell’esondazione nebbiosa che pervade l’intero corso di un lavoro che suggerisce quiete e abbandono agli elementi naturali più magici e impalpabili.