WIL BOLTON – Green & Gold
(Dauw, 2015)
La seconda produzione annuale di Wil Bolton, sei mesi dopo le deviazioni analogiche di “Marram”, è anche la prima su cassetta nella nutrita discografia del chitarrista inglese, che in “Green & Gold” torna a dosare loop amplificati e field recordings catturati nel corso di soggiorni continentali a Vienna e Budapest.
Nei sei brani del lavoro si ritrova integralmente la tavolozza di riverberi e delay che da sempre costituisce il cuore pulsante del linguaggio ambientale di Bolton, capace di ricavare paesaggi emozionali dal semplice dosaggio di timbriche e modulazioni. È quel che avviene, in maniera particolarmente pronunciata, lungo il percorso di poco più di quaranta minuti di “Green & Gold” che muove dalle tremule frequenze prodotte dalle vibrazioni delle corde elettriche per espandersi ad abbracci armonici scanditi da impulsi che assumono connotati ritmici, come nelle composizioni di Yellow6 (l’iniziale “Filigree”) e dei Labradford (l’avvolgente title track).
Benché l’ambience di Bolton sia talmente ricca di sfumature da manifestarsi nelle lievi emissioni gassose della breve “Smokestacks” e nelle liquide stille di delay di “Water Castle”, “Green & Gold” ne amplifica i tratti più narcolettici e rarefatti, che nei due brani conclusivi “Polychrome” e “Pastel Skies” (nove e oltre dieci minuti di durata rispettiva) innalzano sinfonie in miniatura a un cielo dai cristallini colori invernali.
L’immaginario suggerito dai “Green & Gold” appare dunque perfettamente coerente con la stagione di pubblicazione, della quale emula l’aria sottile, instillandovi al tempo stesso il confortevole tepore emanato da modulazioni chitarristiche finissime.