PLEQ – Kingdom Hall
(Moderna, 2016)
È persino raro ritrovare un musicista incline alle collaborazioni, nonché attivissimo produttore neoclassico-ambientale, quale Bartosz Dziadosz in veste di protagonista di un’opera pubblicata esclusivamente sotto il proprio alias Pleq. Anche il breve “Kingdom Hall” è comunque il frutto dell’interazione delle texture elettroniche dell’artista polacco con una serie di strumenti classici, in particolare archi e pianoforte.
La title track, che ospita il violoncello di Aaron Martin e il violino di Tomasz Mreńca, è l’unico brano in forma originale dell’Ep, cinque minuti di tremula ambience pennellata da texture sintetiche lievemente sovrapposta alle vibrazioni degli archi. Il confine tra gli elementi costituivi della composizione svanisce così in una coltre sonora uniforme e straniante, che il rimaneggiamento del brano da parte di Jason Corder (offthesky) rende ancora più tenebroso, pur mantenendo più riconoscibili i movimenti del violino di Tomasz Mreńca.
Gli altri due brani sono invece remix curati da Dziadosz: quello distopico di “Hermitage” di Marcus Fjellström e quello in ariosa chiave cameristica di “Only In The Dark” di Ben Lukas Boysen, esaltato dal dialogo tra il violoncello di Peter Hollo e il pianoforte di Julien Marchal. È la dimostrazione di come neoclassicismo e linguaggi sperimentali possano essere due facce di una stessa medaglia, tanto duttile da essere plasmata da una congerie di iterazioni armoniche e filtraggi elettronici.