MOGADOR – Overflow Pool
(Further Records, 2016)
Perché un nuovo alias per un artista prolificissimo e già affermato nel proprio campo espressivo come Will Thomas Long? La sua nuova creatura risponde al nome di Mogador e il motivo per cui è stata avviata è ben esemplificato nelle tre lunghe tracce di “Overflow Pool” che, a differenza di quanto avviene negli innumerevoli lavori di Celer, sono il frutto di una registrazione in presa diretta, presentata nella sua essenza naturale, in totale assenza di sovrastrutture, effetti o manipolazioni successive.
C’è solo l’artista e il pianoforte nei tre brani di oltre un quarto d’ora ciascuno che formano il lavoro; ma c’è, soprattutto, lo spazio sonoro nel quale echeggiano note colte da un registratore analogico in tutte le loro risonanze, fino all’ultima vibrazione nell’angolo più remoto della stanza nella quale sono state catturate.
È l’eternarsi di un momento, incapsulato nella struttura in qualche modo articolata del primo brano, diluita nelle due versioni seguenti a rasentare il silenzio, attraverso sospensioni sempre più prolungate, che proiettano nel momento stesso della creazione, in un’atmosfera intima nella quale si percepisce quasi ogni respiro, a sua volta sospeso in un’attesa densa di sensazioni profondamente umane.