CHRISTIAN LÖFFLER – Mare
(Kí, 2016)
Dal fascino misterioso della foresta a quello desolato di un lembo di terra affacciato sul Baltico; muta orizzonti, ma non immaginario descrittivo, la musica di Christian Löffler, che dopo ben cinque anni presenta il seguito del suo debutto “A Forest”. Il lungo tempo di elaborazione è in parte compensato – e giustificato – dalla complessità della struttura del nuovo album, tanto sotto il profilo della durata quanto sotto quello della varietà del contenuto.
La sequenza di diciassette brani per quasi ottanta minuti di “Mare” presenta infatti l’artista e produttore tedesco alle prese con una dimensione spaziale e sonora particolarmente estesa e aperta a combinazioni molteplici. Non più solo spunti ritmici e field recordings ne definiscono il linguaggio sonoro, bensì un articolato caleidoscopio di frammenti concreti e vibrazioni elettroniche, calato in soffuse modulazioni sintetiche e loop armonici talmente pronunciati da poter sostenere persino definite parti vocali, che deviano verso territori sognanti, in odor di The Album Leaf.
È lo stesso Löffler, in tre occasioni, a completare per la prima volta i propri brani con la propria voce, mentre altri quattro vedono la presenza di Mona Steinwidder (Mohna, Me Succeedes).
Non si tratta di elementi accessori all’economia delle sue composizioni, bensì di loro parti integranti, al pari dei ricorrenti inserti acustici di mandolino, marimba e zither, che proiettano l’universo sonoro di Löffler verso una dimensione accogliente ed inclusiva che unisce la solitudine dell’artista di fronte al paesaggio alla condivisione del messaggio definito attraverso le sue composizioni ben oltre i confini dell’elettronica ambientale.