SOFT ERROR – Mechanism
(Village Green, 2017)
Modernariato e visioni futuriste, componenti elettroniche, analogiche e acustiche si combinano nell’estetica e nell’essenza di “Mechanism”, debutto del duo inglese Soft Error, formato da due musicisti identificati con i soli nomi propri (Tim e Rupert), ma comunque reduci da cospicui background nei diversi campi della musica da film e da discoteca.
Entrambe le esperienze ricorrono nei nove brani che segnano l’inizio della loro nuova avventura, registrati a Reykjavík negli studi di Valgeir Sigurðsson, parimenti strutturati intorno a dinamiche pulsanti e ad avvolgenti ambientazioni elettroniche. Gli elementi cinematici, inizialmente interpolati con minuti ricami armonici, prevalgono di gran lunga nella prima parte del lavoro, delineando un’ambience rarefatta ancorché mai del tutto priva di granulosi fremiti elettronici (“Silberblick”, “Southend After Everyone Has Left”).
Ben presto affiorano invece bordate sintetiche post-industriali e vere e proprie schegge techno (“You Caught Up 1”, “Motorbath”), che prendono via via il sopravvento nel delineare visionari scenari post-umani, dominati da macchine che, nelle mani dei due artisti inglesi, suggeriscono alternamente rarefazioni trasognate e propulsioni incalzanti.