ZELIENOPLE – Hold You Up
(Miasmah, 2020)*
La disorientante mole di produzioni soliste di Matt Christensen ha senz’altro diluito l’attività di Zelienople, reduci da cinque anni di silenzio e soltanto al terzo album nell’ultimo decennio. Smussando notevolmente gli spigoli del precedente “Show Us The Fire”, i sei densi brani di “Hold You Up” restituiscono il terzetto chicagoano a una condivisione dominata da visionari riverberi chitarristici e scanditi da ritmiche compassate, che si rivestono in maniera esplicita come non mai di sentori mutuati da tradizioni musicali orientali.
Pur risultanti da un approccio estremamente libero alla composizione e dalla durata media intorno ai sei minuti, i brani di “Hold You Up” si sviluppano con movenze rallentate, proiettandosi verso orizzonti meditativi, incorniciati da timbriche di espanso, avvolgente calore. Se dall’iniziale “Safer” promana ancora una certa tensione, veicolata dalle ritmiche e dall’interpretazione decisa di Christensen, il lavoro si svolge ben presto attraverso una sequenza di ballate dalle sfumature seppiate, immerse in un’ambience ovattata, che culminano nei loop trasognati che percorrono gli oltre otto minuti della title track.
Le sommesse evocazioni di Christensen si fanno poi più fluide in una vera e propria canzone come “You Have It”, ritraendosi infine sullo sfondo, come emissioni immerse nel pulviscolo atmosferico nel quale sfumano la pronunciata percussività di “America”, testimonianza finale di un’inquietudine latente e fortemente connessa alla contemporaneità, dalla quale la musica degli Zelienople e la sua ricerca di trascendenza attraverso sonorità aliene costituisce ideale mezzo di astrazione. La sospesa post-modernità di “Hold You Up”, come sempre sfuggente alle categorizzazioni, ne costituisce una nuova, lucidissima conferma, intrisa di un fascino profondamente narcolettico.
*disco della settimana dal 9 al 15 marzo 2020