A-SUN AMISSA
Ruins Era
(Gizeh, 2024)

In piena coerenza con la sua natura di progetto aperto e, dunque, mutevole, A-Sun Amissa continua a rivelare profili di volta in volta diversi della composita personalità artistica di Richard Knox (Glissando, Shield Patterns, The Rustle Of The Stars).

Quattro anni separano “Ruins Era” dal precedente “Black Rain”, iato mai così lungo nel percorso creativo della band, oggi completata dalle chitarre di Luke Bhatia (Tutherun, From the Kites of San Quentin, Profane) e dai synth di Claire Brentnall (Shield Patterns, Bleaklow). Frutto di oltre due anni di sofferta elaborazione, il lavoro ne rivela fin dall’inizio la tormentata complessità, incarnata da un magma distorsivo che si dissolve via via in una coltre di dense stratificazioni.

Soli sei brani compongono la scaletta di ben oltre un’ora di “Ruins Era”, con al centro il monolite di oltre venti minuti “A New Precipice”, la cui tensione elettrico-sintetica sferzata da dissonanze e dalle grida soffocate di Owen Jones (Wren) esprime da sola in maniera plastica la sensazione di straniamento sottesa alla latenza apocalittica che permea l’intero lavoro. Eppure, tra i foschi echi prodotti dagli effetti sonori applicati a strumenti filtrati digitalmente e spesso appena riconoscibili, balenano a tratti scintille di distante, cinematico romanticismo, sotto forma di estemporanee note pianistiche e degli stessi vocalizzi di Claire Brentnall, tanto eterei e spettrali quanto segnali della presenza di una dimensione umana.

Graffiante eppure in fondo romantico, rumoroso ma non privo di passaggi armonici, profondamente dolente eppure aperto a un’inversione di rotta, “Ruins Era” è un affresco lucido e straniante di un tempo presente disorientante che, un quarto di secolo dopo, ha dato un corpo ferito al “falling fallen world” dei Godspeed You! Black Emperor. E, da un punto di vista strettamente musicale, per Richard Knox costituisce l’ideale sublimazione di un percorso creativo, partito proprio dal post-rock e approdato a una dimensione di composizione post-moderna dal vibrante pathos cinematico.

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