arash_akbari_cracked_echoesARASH AKBARI – Cracked Echoes
(Soft Recordings, 2014)

Porya Hatami, Siavash Amini e adesso Arash Akbari: l’Iran sta diventando sempre più nuova frontiera della sperimentazione ambient-drone, non certo per una ragione di esotismo quanto piuttosto per la qualità delle produzioni che provengono dal Paese mediorientale.
Al terzo album ufficiale (i primi due sono stati pubblicati lo scorso anno dall’etichetta spagnola Oido), Akbari è comunque artista a tutto tondo, impegnato non soltanto sul fronte discografico ma anche nella sonorizzazione di installazioni e performance audiovisive. Tali esperienze possono cogliersi in filigrana nelle sue composizioni, vere e proprie sculture sonore che incarnano una dimensione fisicamente tangibile di una densa materia prodotta da vibranti elaborazioni di feedback.

Rispetto a quelle dei suoi due connazionali, la declinazione dronica di Akbari è appunto “fisica” e solo in parte filtrata da un’elettronica a sua volta capace di mantenere l’impatto abrasivo dei suoni di base. È appunto quel che avviene nei solchi di “Cracked Echoes”, album il cui titolo è ben rappresentativo del contenuto di cinque tracce di maestose evanescenze rumorose, variamente modulate tanto in lunghezza quanto in peso specifico.

Dai tre minuti di rilucenti astrazioni di “Passing Flares” e dai cinque della vaporosa conclusione “Pale Blue” agli oltre diciassette percorsi da crepitanti distorsioni di “Tomorrow’s Daylight”, il suono di Akbrai si espande come magma in graduale evoluzione, che nei due brani iniziali (“All Is Gone” e “Untill Time Sits By Your Side”, entrambi di poco sotto ai dieci minuti) trova sintesi ipnotica e dotata di una consistenza granulosa. In questi passaggi più ancora che in tutto il resto del lavoro si coglie la volontà dell’artista iraniano di ascriversi a quel novero di sperimentatori ambientali che non espungono l’originaria matrice rumorosa dal loro spettro espressivo, bensì la elevano a monumentale premessa delle loro modulazioni in forma di drone.

Non sembra infatti un caso che il mastering del lavoro sia stato realizzato da Lawrence English, a duplice riprova dell’affinità di linguaggio che unisce artisti di provenienza diversa in una vera e propria “internazionale dronica” e della considerazione della quale già gode Arash Akbari al di fuori del suo contesto artistico nazionale, sempre più credibile e meritevole di attenzione.

http://www.arashakbari.com/

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