YUYA OTA – Arctic April Mother
(Glacial Movements, 2013)
Al momento pubblicata nel solo formato digitale, l’ultima uscita targata Glacial Movements vede protagonista un giovane artista giapponese dalla formazione musicale classica.
Se ne percepiscono le tracce nelle nove composizioni di “Arctic April Mother”, che dell’isolazionismo ambientale offrono una declinazione molto personale e, in una certa misura, meno glaciale rispetto a gran parte dell’interessante catalogo dell’etichetta curata da Alessandro Tedeschi.
Non solo il classicismo di Yuya Ota si manifesta nelle note pianistiche sparse con grazia tutta orientale che, insieme a riverberi e drone chitarristici, costituiscono il substrato per le sature sinfonie dell’artista giapponese, ma in una sensibilità che affiora in superficie tanto nella spoglia armonia dell’iniziale “Knife” quanto nell’incedere quasi jazzy e persino tiepido di “Tokyo” e “Dispērsus”.
Come in un processo di progressivo ampliamento dello spettro espressivo delle produzioni della Glacial Movements, i cinquanta minuti scarsi di “Arctic April Mother” paiono dischiudere scenari primaverili a residue torsioni droniche, ora fluttuanti (“Silver Rain”), ora sfocianti in rumore (“Lágrima”) o ancora innalzate in visioni di abbagliante rarefazione (la conclusiva “Viento”).
Le screziature elettro-acustiche di “Parfum” e le ricorrenti irregolarità della grana sonora del lavoro fungono poi quale autentica firma della provenienza nipponica di Yuya Ota, il cui nome va credibilmente ad iscriversi accanto a quelli di più affermati connazionali operanti in ambiti affini, da Akira Kosemura a Chihei Hatakeyama, passando per Kashiwa Daisuke. Un’altra preziosa scoperta dell’etichetta romana.