FLOATING COMPASS – Tales From Yesteryear
(Self Released, 2013)
Curioso che un’operazione quale quella che va sotto il nome di Floating Compass sia sostanzialmente sfuggita all’attenzione del mondo indie-folk. Nonostante il debutto di questo quartetto newyorkese (molto) allargato sia frutto di un’autoproduzione, di elementi per elevarlo alla stregua di “supergruppo” sotto la luce dei riflettori ce n’erano parecchi: “Tales From Yesteryear” è infatti senz’altro creazione propria di un piccolo ensemble chamber-folk guidato dal polistrumentista Tim Cronin (voce, tromba, banjo, mandolino), ma la partecipazione al lavoro di un ampio collettivo di artisti comprendente la cantautrice Sara Lewis e soprattutto una lunga serie di membri e collaboratori di Los Campesinos!, Camera Obscura, Efterklang e Freelance Whales vi assicura non solo richiamo ma soprattutto una notevole pluralità di soluzioni bandistico-orchestrali.
I dieci concisi brani del lavoro disegnano così un variopinto immaginario di folk corale, nel quale la sottile patina di polvere che ricopre narrazioni di un folk ancestrale e magico si trasforma nelle vivide tinte di una contemporaneità scanzonata, seppur percorsa da una latente sensazione di malinconia. È il lirismo di Cronin a segnare in maniera netta “Tales From Yesteryear”, con il suo moderato piglio da cantastorie e soprattutto attraverso l’orchestrazione di arrangiamenti che, pur molto ricchi e ariosi, non sfociano mai in sovrabbondanti barocchismi.
Il lavoro dischiude piuttosto un mondo incantato e fuori dal tempo, nel quale tematiche folk tradizionali (“Parade”, “Buoys”, “Sea Shanty”) si sposano con passaggi più romantici, nei quali il predominante impianto di ottoni e ritmiche dal passo danzante scolora leggermente in bozzetti acustici impreziositi da una polifonia strumentale e interpretativa, frutto proprio dell’apporto dell’ampio numero di collaboratori (“Festival”, “Travel”). In entrambi i casi, le melodie dei Floating Compass scorrono lievi e sbarazzine, rivestendosi di volta in volta delle calde note acustiche senza tempo del banjo, assumendo il passo danzante di una banda folk di paese o inarcandosi in una coralità d’arrangiamento protesa senza ammiccamenti verso la modernità indie-folk.
Non risulta infatti difficile, lungo la godibilissima mezz’ora abbondante di “Tales From Yesteryear”, ripensare a esperienze quali quelle dei primi Decemberists o dei più recenti Hey Marseilles, che il quartetto newyorkese allargato declina tuttavia con personalità e freschezza davvero encomiabili.
L’ha ribloggato su The lovely lady, Christabel.