JÓHANN JÓHANNSSON – Prisoners O.S.T.
(Water Tower / NTOV, 2013)
Sempre più di frequente impegnato a destinare la propria musica a film e documentari, Jóhann Jóhannsson non applica alla colonna sonora un approccio descrittivo-accessorio, bensì sfrutta il contenuto visuale quale occasione per sviluppare, non sempre per analogia, il proprio modo di intendere la propria declinazione neoclassico-sperimentale.
In “Prisoners” il compositore islandese si è cimentato nella sonorizzazione dell’omonimo thriller diretto da Denis Villeneuve, senza nascondere l’ambizioso intento di depotenziarne le componenti drammatiche attraverso sequenze relativamente romantiche, senza tuttavia disperderne il contenuto di latente tensione. Le sedici pièce nelle quali è articolata l’opera appaiono dunque il frutto di un lavoro incrementale di scultura sonora, concepita non come quella di un unitario monolite per orchestra, bensì come una progressiva stratificazione di spazi per strumenti di volta in volta innestati su un tenebroso tappeto di base, costituito dalle avvolgenti basse frequenze elaborate da Erik Skodvin.
Alle trame reali delle prolungate vibrazioni dei violoncelli di Caroline Dale e Hildur Guðnadóttir – a tratti elevate a protagoniste solitarie di interludi angosciosi – si legano le oscillazioni spettrali di Thomas Bloch (Cristal Baschet, Ondes Martenot), entrambe riassunte in coltri di densa inquietudine dalle modulazioni elettroniche di Jóhannsson.
I cinquantacinque minuti che ne risultano sono così dotati di una sostanziale autonomia disgiunta dalle immagini che, nel rendere pienamente comprensibile la recente specializzazione di Jóhannsson nel non agevole campo delle colonne sonore, ne evidenziano l’approccio non convenzionale alla composizione orchestrale.