JULIE BYRNE – Rooms With Walls And Windows
(Orindal, 2014)
Non è solo per la policromia sbiadita della copertina del suo album di debutto che Julie Byrne sembra sbucare da un diverso contesto temporale; ugualmente sfumati e come ammantati da un’aura polverosa sono i contorni della sua essenziale espressione folk. I dodici brani di “Rooms With Walls And Windows” sono il frutto della raccolta di due cassette in edizione limitata, pubblicate dalla cantautrice originaria di Seattle tra il 2011 e il 2012, che vedono ora la luce in forma unitaria e rimasterizzata, ma conservano tanto la propria immediatezza casalinga quanto la magia evocativa di armonie spesso appena accennate su note acustiche gentili e ovattate.
Traspare quasi una sensazione di timidezza nel fingerpicking della Byrne, che con abilità da tessitrice intreccia come in stato di rapimento estatico note e sospiri creando atmosfere incantate nelle quali gli stessi elementi della sua musica si (con)fondono in una sostanza al tempo stesso densa ed eterea. Denso è senz’altro il calore del suo timbro vocale, fatto di bassi vellutati e austeri, mentre in prevalenza eterei e sospesi sono i contesti nei quali si muovono le sue interpretazioni.
Nella prima parte del lavoro, i brani assumono più spesso la struttura di canzoni folk, suadenti e spettrali come quelli di una Marissa Nadler in una versione diafana e ridotta all’osso (l’iniziale “Wisdom Teeth Song”), ma non prive di una consistenza persino lievemente spigolosa, resa tale dall’interpretazione più decisa e compiuta del lotto (nell’intensa “Attached To Us Like Butcher Wrap”).
Gli aspetti più rarefatti della Byrne affiorano tuttavia ben presto, dapprima ancora correlati a brani intrisi di fascino sommesso e visionario (“Young Wife”, “Holiday”), poi legati a un picking più pronunciato (“Butter Lamb”) e quindi, in quasi tutta la seconda parte del disco, svaporati in evanescenze tra le quali le stesse parti vocali si compenetrano in paesaggi nebbiosi sotto forma di vocalizzi appena sopra la soglia della percezione. Nei due strumentali d’organo che chiudono le due parti (“Piano Music” e “Piano Music For Lucy”) risulta evidente una certa vocazione drone-folk della Byrne, che pare incamminarsi verso orizzonti paragonabili a quelli di una Grouper minimale e spogliata da modulazioni elettroniche.
È proprio tale duplice profilo a rendere “Rooms With Walls And Windows” non il semplice debutto di una cantautrice folk né il frutto di un’ambience appena intessuta di melodie acustiche, ma un’equilibrata sintesi di immaginari diversi, resi complementari dal tocco lieve e personale della Byrne, le cui sfaccettature si colgono anche in ragione della peculiare natura dell’opportuna riedizione in formato album del suo vecchio materiale su cassetta. C’è dunque da attendersi ben presto dalla Byrne un lavoro organico, in una transizione a modalità professionali che è auspicabile non disperda la spontanea magia delle sue preziose stille di folk casalingo essenziale e dilatato.