SAM REYNOLDS – 3
(Self Released, 2014)
Trascorrono gli anni, si manifesta qualche consenso da luoghi specializzati e marginali della grande rete, eppure Sam Reynolds rimane fedele ai cardini del suo profilo artistico: chitarra e falsetto, una manciata di canzoni concise, una durata a metà tra il disco breve e l’Ep esteso, il download gratuito delle tracce e…l’identificazione dei suoi lavori con una semplice progressione numerica.
Quello sommariamente così descritto continua a essere il piccolo universo del cantautore newyorkese, disinteressato alle luci della ribalta, alle tempistiche di pubblicazione e persino a una dimensione più ampia di quella solitaria penombra creativa la cui massima manifestazione può essere la pagina Bandcamp attraverso la quale regala le sue canzoni. Per la terza volta nel mese di novembre, Reynolds ha pubblicato una nuova raccolta di canzoni, scritte nel corso del triennio intercorso dal precedente “Sam Reynolds II”; “3” contiene nove brani all’interno dei quali l’intimismo del suo songwriting appare addirittura amplificato, al pari del timbro delle sue interpretazioni, ancor più alto e sottile che in passato.
I brani, anche nei casi in cui travalicano la durata media di tre minuti, mantengono il carattere di bozzetti accennati con poche pennellate dai delicati colori pastello, che denotano la semplicità e al tempo stesso la spontaneità della scrittura di Reynolds. È come se l’artista volesse soltanto specchiarsi nelle proprie canzoni, lasciando la fluida essenzialità del suo picking e le sommesse armonizzazioni del suo particolare timbro vocale a definire uno stile che non necessita ulteriori elementi, né sovrastrutture produttive.
Spogliate anche dell’aura bucolica e della pur timida apertura a un codice pop che aleggiavano a tratti nel predecessore, le canzoni di “3” sono come gli appunti di un diario, scritte e registrate di getto sulla base dell’ispirazione del momento, la comprensione dei quali richiede una certa presa di confidenza con l’universo espressivo dell’artista. L’estremo understatement di Reynolds, nell’occasione, smarrisce un po’ in immediatezza quello che acquisisce nella capacità di dischiudere il suo piccolo mondo; nelle canzoni di “3” c’è comunque tutto il pathos e la sensibilità dell’artista, che affiorano ben presto nella sequenza di riflessioni personali (da “This Is Just To Say” a “What Am I Going To Do?”) e delicate istantanee di luoghi e ricordi (“Edelweiss”, “Dust Brings The Dog”), dispensata con un piglio schietto e con una naturalezza in grado di rendere speciale l’intreccio di delicati arpeggi acustici e interpretazioni dotate di un candore che non può lasciare indifferenti.
È tutta qui la semplice magia di Sam Reynolds, che le sue manifestazioni saltuarie, disinteressate e pressoché nascoste contribuiscono a rendere ancora più preziose.
concordo su ogni parola che hai usato!