WEGRZYN – Volksmusik
(Etalabel, 2014)
Da sparse note pianistiche possono nascere non solo fragili spunti neoclassici ma anche un granuloso universo sonoro, costellato da frequenze sature e distorte. Tale enunciazione costituisce la traccia concettuale a partire dalla quale imposta il proprio album di debutto Lukasz Wegrzyn, ultimo artista a emerge dall’interessante contesto sperimentale polacco.
Il suo “Volksmusik” consta di tre lunghe composizioni che insieme superano i cinquanta minuti di durata totale, tutte impostate su semplici loop pianistici variamente processati fino ad assumere forma e consistenza molto diversa rispetto alla loro natura originaria. Se il primo brano “The Orchard”, almeno nella prima metà dei suoi diciotto minuti, sembra voler solcare terreni di quell’”experimental piano music” che al minimalismo pianistico unisce una miriade di detriti elettronici, il suo svolgimento vira gradualmente verso correnti di elettricità statica che finiscono per sovrastarne la componente acustico-armonica.
La propensione alla ricerca di Wegrzyn prede decisamente il sopravvento nelle altre due tracce, nelle quali i loop pianistici (nell’occasione di Grzegorz Bojanek) finiscono per risultare irriconoscibili, affogati nelle liquide irregolarità digitali di “Weather Report” e infine saldamente fusi nella sinfonia sintetica “Eleven Summers”. Proprio dalla coesa, penetrante malinconia di quest’ultimo brano si colgono gli interessanti contorni della ricerca dell’artista polacco, che impiega elementi acustici ed elettronici, armonia e rumore, non in posizione di reciproca accessorietà ma quali parti integranti di una materia sonora di un terzo tipo, oltre il neoclassicismo ambient-drone.