THE INWARD CIRCLES – Nimrod Is Lost In Orion And Osyris In The Doggestarre
(Corbel Stone Press, 2014)
“here begins
the darkness
of earth
faceless night“
Ormai da qualche tempo, all’incirca a partire dal periodo successivo al maestoso “Landings” (2009), Richard Skelton ha accentuato il suo già accentuato solipsismo creativo, concentrando le proprie energie artistiche non più sul solo aspetto musicale ma anche e soprattutto sull’associazione ai suoni di immagini e poesia.
Le sue produzioni, nei diversi campi, sono così caratterizzate da una spiccata attenzione agli oggetti che le veicolano, oltre che da profili concettuali estremamente complessi. Entrambi sono particolarmente sviluppati in “Nimrod Is Lost In Orion And Osyris In The Doggestarre”, opera accompagnata da una pubblicazione di oltre sessanta pagine, che raccoglie immagini, collage e frammenti poetici. L’imponente impianto dell’opera, i cui titoli sono tutti mutuati dallo scrittore seicentesco Sir Thomas Browne, si accompagna a un’ora di musica nella quale l’enigmatico artista inglese sviluppa gli aspetti più misteriosi e oscuri della propria tavolozza espressiva, fino a creare mondi immaginari di straordinaria densità sonora.
Piuttosto che limitarsi al soundscaping nebbioso di numerose sue opere precedenti, Skelton si dedica ad elucubrazioni visionarie, all’interno delle quali non svanisce del tutto il carattere armonico delle sue inquiete partiture d’archi. Soltanto, entrambi tali elementi passano in un certo senso in secondo piano, in parte sovrastati da pesanti layers di elettricità statica, in parte cristallizzati nell’immanenza di un divenire osservato al rallentatore.
Permangono comunque riconoscibili, lungo quasi tutto il corso del disco, i tremuli movimenti dell’archetto sul violoncello, il cui incedere angosciato e nervoso non manca tuttavia di evocare palpitanti sentimenti umani (“The Soul Itself A Rhombus”), che dischiudono il tormentato percorso tra gli spettri che popolano buona parte del lavoro a schegge di una luce ultraterrena (“Glimpses Of The Empyreal Light”, “From Animals Are Drawn Burning Lights”), esito finale dell’autentica catarsi nel buio rappresentata da un album dai molteplici livelli di percezione.
“light that makes things seen,
makes some things invisible“