MARSEN JULES – The Empire Of Silence
(Oktaf, 2015)
Fresco reduce dalla traslitterazione post-moderna del classicismo della sua “Sinfonietta”, Martin Juhls arricchisce di un ulteriore tassello lo straordinario atlante sonoro compilato in ormai dieci anni di fervente attività discografica. Come da titolo e artwork, “The Empire Of Silence” è l’album “artico” del compositore tedesco, articolato in otto tracce, oltre a una ponderosa bonus-track digitale, tutte contraddistinte da altrettanti termini della lingua Inuit che designano le forme, le condizioni e le stesse percezioni umane della neve.
Alla prima traccia corrisponde infatti il termine che individua “l’idea della neve”, “Penstla”, che può considerarsi concetto guida dell’intero lavoro, tanto dal punto di vista tematica quanto sonoro, con i suoi filtraggi d’archi che si aprono nella seguente “Tlaslo” a orizzonti di immota malinconia. Il silenzio delle grandi distese nordiche avvolte dal ghiaccio non è, tuttavia, mai del tutto tale, né tanto meno inteso in maniera soltanto cupa od opprimente. Quel silenzio risuona invece con decisione in modulazioni di ampiezza inusitata che, pur includendo passaggi come avviluppati sotto una spessa coltre anecoica (“Kayi” e soprattutto “Naklin”), piuttosto che enucleare i claustrofobici movimenti sotterranei del ghiaccio si rivolgono a contemplazioni di spazi sconfinati, nei quali cielo e terra si fondono in una soverchiante maestà naturale.
Il riconoscimento dell’irresistibile forza suggestiva del Nord più profondo trova espressione adeguata e altrettanto efficace ancora una volta nel carattere orchestrale delle composizioni di Juhls, tanto più pronunciato quanto più aumentano le durate dei suoi brani. Così, le timbriche alte degli archi di “Skriniya” suggeriscono sospensioni abbaglianti, i lenti movimenti armonici di “Katiyana” (nove minuti) tratteggiano notturni incantati sotto i bagliori dell’aurora boreale, mentre i quasi tredici minuti di “Chahatlin” sublimano in meditazioni estatiche in progressiva dissolvenza.
Discorso a sé merita la bonus-track digitale di trentotto minuti ”Astrila”, quasi un album nell’album, che ribadisce anche nel formato la vocazione sinfonica dell’artista tedesco, attraverso una sequenza di snodi armonici prolungati e modulazioni cesellate come materia viva, al pari dell’immaginario che ha ispirato l’intera opera. Imponente e niente affatto silente, “The Empire Of Silence” non racchiude soltanto la declinazione “ghiacciata” dell’arte ambientale di Marsen Jules, ma ne espande le suggestioni a quelle di un linguaggio sonoro universale, che unisce in una sintesi mirabile contemplazione e coinvolgimento emozionale.