UMCHUNGA – Should Have Been Done By Now
(Hibernate, 2015)
Nuove basse frequenze provengono da quella che ormai da qualche tempo può considerarsi l’ultima frontiera ambient-drone. Ancora una volta non si tratta di esotismo, bensì dello straordinario fervore di quella che può ormai considerarsi a tutti gli effetti una scena artistica tra le più fiorenti, almeno relativamente allo specifico ambito musicale, quella iraniana.
Sulla scia di Porya Hatami e, da ultimo, degli amici e collaboratori Tegh e Kamyar Tavakoli che l’hanno di poco preceduto sull’etichetta Hibernate, si tratta di Nima Pourkarimi, al debutto sotto l’alias Umchunga con una raccolta di sei tracce realizzate utilizzando chitarre, synth, field recordings e voci processate.
Quale raccolta di materiale prodotto in un ampio arco temporale, “Should Have Been Done By Now” si atteggia a selezione esaustiva dello spettro espressivo di Pourkarimi, che in meno di tre quarti d’ora spazia dalle granulose risonanze percorse da voci distanti dell’iniziale “Feint” ai morbidi riverberi della title track, il pezzo più sognante e, in certo senso, romantico del lotto.
Benché l’essenza della declinazione dronica dell’artista iraniano, al pari di quella di molti suoi connazionali (Siavash Amini su tutti), vada individuata nella modulazione di correnti distorte spesso claustrofobiche (“Coil”) e prossime a sfociare in rumore spettrale (“Curves”, “Fuckin’ Mental”), a colpire dei brani di “Should Have Been Done By Now” sono soprattutto le dinamiche, le modulazioni di frequenze che, senza soluzioni di continuità, evolvono con naturalezza da una consistenza vaporosa in graduale addensamento alla materialità di maestose stratificazioni di feedback e frammenti crepitanti.
Emblematici, in tal senso, risultano gli oltre dodici minuti di “Howl”, monolite di frequenze acute che muove da loop sintetici dal prominente moto centripeto.
Ve n’è quanto basta per salutare con notevole interesse l’ennesimo artista che affiora dalla ribollente scena sperimentale iraniana, anch’egli con qualcosa da dire, anch’egli portatore di un proprio paradigma ambient-drone, riassumibile in una combinazione di elettrico e sintetico portatrice di significati sonori avventurosi, mutevoli, calorosamente abbaglianti.