johann_johannsson_sicarioJÓHANN JÓHANNSSON – Sicario O.S.T.
(Varèse Sarabande, 2015)

Per Jóhann Jóhannsson le colonne sonore non rappresentano più occasioni estemporanee per cimentarsi nella composizione, anzi l’artista islandese le ha nel tempo trasformate in veicolo espressivo autonomo, attraverso il quale sviluppare le proprie sperimentazioni neoclassico-ambientali.

Quella realizzata per “Sicario” è ormai la quinta colonna sonora consecutiva di Jóhannsson, la seconda associata alle immagini del regista Denis Villeneuve, per il quale aveva già lavorato in occasione di “Prisoners” (2013). Trattandosi di un thriller, la contestualizzazione dei suoni da parte di Jóhannsson appare fin dall’inizio ben diversa da quella, improntata al romanticismo orchestrale, che per “The Theory Of Everything” gli era valso il prestigioso Golden Globe e la nomination all’Oscar.
Le atmosfere sono cupe e cariche di tensione, popolate da dissonanze e saturi echi di stampo dark-ambient, oltre che cadenzate da marcati accenti ritmici; non a caso, ben cinque diversi batteristi hanno partecipato alla registrazione del lavoro, il cui stesso silente incipit è scandito soltanto dalle vibrazioni di un rullante lontano.

La tensione latente nelle diciotto concise tracce di “Sicario” appare speculare a quella tra pièce orchestrali e pesanti manipolazioni elettroniche, elementi tra i quali Jóhannsson instaura equilibri fragili e di volta in volta diversi. Alle distorsioni sintetiche di brani quali “The Beast”, “The Border” o “Tunnel Music” corrispondono così scorci di malinconia pulsante e comunque sempre sul filo della distorsione (“Desert Music”, “Melancholia”). Quasi soltanto negli interludi (“Reflection”, “Balcony”) si manifestano nella loro naturalezza austere armonie d’archi, tra i quali ancora il violoncello di Hildur Guðnadóttir, che disegnano poi inquiete visioni notturne (“Night Vision”) o si innalzano in acutezze spettrali, come nella conclusiva elegia “Alejandro’s Song”, i cui movimenti appaiono quasi quelli di un ensemble da camera propedeutico a un’impennata post-rock.

Tante sono dunque le tessere che Jóhannsson combina nella sonorizzazione delle atmosfere della pellicola, ancora più che delle sue sole immagini, mostrando come anche l’arte “minore” della colonna sonora possa trasformarsi in un spunto per proseguire in esperimenti di post-modernità compositiva per orchestra e manipolazioni elettroniche.

http://johannjohannsson.com/

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