36 – The Infinity Room
(A Strangely Isolated Place, 2016)
La rivelazione dell’identità di Dennis Huddleston, rimasta inizialmente nascosta dietro l’alias 36, e la sempre maggior prolificità di uscite da parte dell’artista inglese sono andate di pari passo con una parziale deviazione dall’affascinante commistione di vapori ambientali e dinamiche pulsanti messa dapprima in mostra ai tempi del fulminante debutto “Hypersona” (2009).
Sette anni e una decina di uscite dopo, Huddleston torna ad abbracciare linguaggi più pacati e riflessivi rispetto ad alcune delle sue ultime prove; torna, simbolicamente, a ritrovarsi nella dimensione casalinga che corrisponde al suo studio di registrazione e al suo contesto creativo a lui più congeniale. Dalla sua stanza alle “molte stanze” di cui al titolo del nuovo lavoro, il suo messaggio sonoro giunge limpido e ben decriptabile, sotto forma di variopinte combinazioni di frequenze, emesse da tastiere liquide e drone crepitanti, che senza rinunciare agli aspetti dinamici della sua tavolozza ambientale, danno forma a dieci “stanze” nelle quali vapori di silicio si alternano a screziature sintetiche, dense saturazioni a rilucenti ritagli elettro-acustici.
È la proiezione della fisionomia dell’artista dalla dimensione personale a quella universale; è, soprattutto, il ritrovato calore umano rispecchiato da quello del suono di brani accuratamente cesellati tra iterazioni e variazioni, sospese in un’atmosfera definita eppure incessantemente smossa da dense correnti ambientali.