GROUPER – Grid Of Points
(Kranky, 2018)*
Da sempre, un alone opaco, come un’aura obliqua e nebbiosa, circonda la musica di Liz Harris, accompagnandola anche quando si presenta nella forma più scarna e in qualche modo meno eterodossa di pianoforte e voce. In diretta linea di discendenza da “Ruins” (2014), l’artista dell’Oregon presenta una concisa raccolta di canzoni, da considerare comunque un album vero e proprio, come lei stessa precisa, nonostante la sua durata complessiva ecceda di poco i venti minuti.
A differenza del predecessore, risultante da una serie di vecchie registrazioni sparse, “Grid Of Points” discende da un momento creativo concentrato ed omogeneo, che conferma appunto l’unitarietà dell’ispirazione che ha presieduto ai suoi sette brani, realizzati nel breve volgere di un paio di settimane. Scheletriche note pianistiche e la voce eterea di Liz Harris sono praticamente gli unici due elementi costitutivi di tutti i brani, il cui flusso sonoro si muove sinuoso, sospeso a mezz’aria in un’atmosfera che riesce ad essere al tempo stesso spettrale e sognante.
Attraverso la sparsa intensità del pianoforte, la fragile magia delle interpretazioni di Liz Harris plasma uno spazio sonoro raccolto e in qualche misura alieno, come se le sue canzoni gravitassero in una dimensione parallela, dal fascino sottilmente inquieto. Di canzoni vere e proprie si tratta, ancorché in alcuni casi appena abbozzate (la conclusione “Breathing”, bruscamente interrotta da rumori riaffioranti), poiché in particolare brani quali “Parking Lot”, “Driving” e “Blouse” presentano una compiutezza melodica finora mai così evidente nei dischi di Grouper, ormai non più solo cerebrale musa drone-folk ma anche, a pieno titolo, evocativa interprete di sogni dai contorni invariabilmente sfocati.
*disco della settimana dal 23 al 29 aprile 2018