BRAMBLES – Charcoal (Serein, 2012)
Nelle ore più silenti della notte, da una residenza collettiva di Melbourne improntata alla sostenibilità si leva un suono solitario: è quello di Mark Dawson, polistrumentista di origine britannica al debutto sotto la denominazione di Brambles.
La musica compresa in “Charcoal” (originariamente concepito come Ep e in seguito protrattosi fino a trentotto minuti di durata) non presenta tuttavia nessun vivace tratto comunitario, costituendo invece il distillato dell’esperienza individuale di Dawson in un luogo di vita ideale. Nel lavoro, pianoforte, chitarra, archi filtrati, field recordings e imperfezioni viniliche vengono orchestrate con un tocco lieve e austero, ma grondante contenuto emotivo.
È musica dagli inevitabili contorni notturni, intrisa di classicismo ma declinata secondo un fragile romanticismo, che individua fin da subito (“To Speak Of Solitude”) il proprio mood pensoso, come se le note lentamente stillate dal pianoforte e i compassati effetti chitarristici fossero deputati a catturare la staticità del contesto nel quale sono stati suonati. In seguito, le riflessive iterazioni di “Such Owls As You”, completata da morbidi accenti di sax, e le screziature ritmiche di “In The Androgynous Dark” denotano un tratto compositivo in grado di imprimere caratteri propri a una musica meditativa ma non per questo malinconica. Ulteriore dimostrazione proviene dagli archi umbratili di “Salt Photographs” (brano intenso e fiorito come le migliori composizioni neoclassiche di Peter Broderick), mentre la brulicante torsione dronica che chiude “Arête” e l’ipnotica sordità dei layers della successiva “Deep Corridor” sfociano in territori più marcatamente dark-ambient, seppur gestiti con piglio lieve e raffinato.
Proprio questo bilanciamento tra solitudine espressiva, ambientazioni tenebrose e profonda sensibilità nell’arricchire in senso emozionale le proprie composizioni può indurre a stabilire un legame tra Brambles e Nest, progetto di Otto Totland dei Deaf Center, peraltro pubblicato dalla stessa Serein. In ogni caso, “Charcoal” risulta un’opera rigorosa che, nella sua semplice spontaneità, disegna suggestioni neoclassiche dai contorni fiochi ed emozionali in grado di elevarlo tra gli ascolti più avvincenti dell’annata in corso.
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