EMILY JANE WHITE – Blood / Lines
(Talitres, 2013)
Mentre l’iniziale trittico di album nel breve volgere di poco più di tre anni (in particolare lo splendido debutto “Dark Undercoat”, 2008) aveva accreditato Emily Jane White quale prolifica erede di Cat Power, il quarto lavoro “Blood / Lines” appare fin dal titolo e dalla copertina una deviazione rispetto alla formula di classico cantautorato americano sviluppato in “Victorian America” (2009) e “Ode To Sentience“ (2010).
Nei tre anni di inedito silenzio, l’artista californiana ha sviluppato i lati più tenebrosi del suo songwriting, enfatizzando e facendo emergere per la prima volta in maniera decisa – persino aggressiva – la cupe potenzialità evocative finora solo latenti nei dischi precedenti, che svelano in maniera compiuta i motivi dell’originario supporto offertole da David Tibet ai tempi dei suoi esordi. Oltre al dato estetico e all’accresciuta decisione delle interpretazioni della White, “Blood / Lines” presenta anche un significativo rinnovamento stilistico, corrispondente a un marcato scostamento dal folk più o meno classico a un’articolata varietà di soluzioni, gravitanti intorno a tastiere oscure e chitarre elettriche pesantemente effettate in densi riverberi e talora non priva di spigoli moderatamente dissonanti.
Dalle torbide atmosfere di “Faster Than The Devil” e “Thoroughbred”, nelle quali la White assume senza mezzi termini le vesti di sacerdotessa gotica, riaffiorano tuttavia tracce di ispirata raffinatezza, ancora riscontrabili nelle sognanti volute al rallentatore di “Keeley” (che al pari di “Faster Than The Devil” vede la partecipazione di Marissa Nadler) o nei residui incanti folk di “Holiday Song” e “The Roses”, scheletriche ballate impostate su note pianistiche calate in una densa inquietudine di fondo.
Oltre alle vellutate interpretazioni della White, che anche nel rinnovato contesto riesce a mantenere timbri affascinanti, permane dunque quale elemento di continuità con il passato la fluida impostazione di scrittura che, ad eccezione di un paio di episodi più foschi e ieratici, non disperde le doti messe in mostra negli album precedenti.
“Blood / Lines” suscita comunque l’interrogativo di quanto l’innegabile ricerca di un’evoluzione sonora si attagli a una delle voci più belle del cantautorato americano degli ultimi anni, rafforzando qualche perplessità su scelte stilistiche che non riescono nuovamente ad avvicinare la spontanea essenzialità espressiva dell’album di debutto.