james_yorkston_the_cellardyke_recording_and_wassailing_societyJAMES YORKSTON – The Cellardyke Recording And Wassailing Society
(Domino, 2014)*

La vita e l’attività artistica di un cantautore sembrano non riservare sorprese; ancor più se il cantautore in questione è un tranquillo signore scozzese, che è facile immaginare buttar giù qualche verso o una melodia mentre contempla le ugge marine del Fyfe, magari assaporando lentamente un vecchio whisky. Al di là di questi luoghi comuni, chi da ormai oltre dieci anni segue con passione le vicende di James Yorkston sa bene che ai modi compassati e alla voce vellutata e rassicurante è sempre corrisposto il duplice interesse per la tradizione narrativa della sua terra e per la ricerca di soluzioni sonore raffinate che, soprattutto negli ultimi tempi, non avevano escluso qualche piccolo scostamento dall’abituale understatement di temi e modalità espressive.

Come il precedente “I Was A Cat From A Book” (2012) includeva un paio di spiazzanti uptempo, che mostravano Yorkston in una inedita versione rabbiosa, così il suo ottavo album “The Cellardyke Recording And Wassailing Society” si presenta con premesse, appunto, sorprendenti, in particolare per l’integrale affidamento della produzione ad Alexis Taylor degli Hot Chip e per la presenza, nell’abituale schiera di collaboratori, di artisti di estrazione abbastanza distante dal folk, quale ad esempio KT Tunstall.

Invece, le ben sedici tracce del lavoro smentiscono in maniera radicale timori di una svolta electro (!), presentando invece il cantautore scozzese in una veste sommessa, confidenziale e riflessiva. Un’influenza sulle vesti sonore del lavoro sarà sicuramente da attribuire al ricorrente tema della transitorietà di oggetti, ricordi e persone, ma di fatto da un lato le canzoni di Yorkston inclinano in maniera decisa a narrazioni dai toni sfumati, mentre dall’altro la produzione si atteggia in maniera del tutto discreta, rifinendo le soffuse melodie di Yorkston di arrangiamenti misurati e di una generale ovattata profondità di suono. Uniche parziali eccezioni, in tal senso, sono i pezzi più vivaci, nei quali si percepisce il ruolo della band di supporto (che vede tra gli altri la partecipazione di The Pictish Trail), “Sleep On” e soprattutto “Great Ghosts”, strutturate su ritmiche ben più decise rispetto al generale intimismo del lavoro.

È infatti il James Yorkston più personale e radicato nel proprio contesto territoriale (Cellardyke è un villaggio di pescatori del Fyfe) a manifestarsi in una galleria di canzoni umbratili eppure perfettamente corrispondenti all’immediatezza che ha presieduto a registrazioni svoltesi in presa quasi diretta, nel giro di pochissimi giorni. Ne è scaturita una mirabile serie di scorci di paesaggi naturali e interiori, narrati con tono soffice e pregevoli duetti vocali, come l’intreccio intriso di nostalgia di “The Blues You Sang” e il delicato unisono con KT Tunstall nella deliziosa “Feathers Are Falling”. Come sempre, la forza di Yorkston risiede nella discrezione con la quale sa creare una materia armonica anche quando il suo registro è parlato o poco più (“Guy Fawkes’ Signature”), ma soprattutto la sua firma è inconfondibile nella circolarità di melodie che penetrano nelle ossa come la salsedine delle cittadine costiere della Scozia orientale, come quelle dell’iniziale “Fellow Man” e delle varie “Thinking About Kat”, “Broken Man”, “As Grey And As White” e tante altre ancora.

Ogni canzone diventa così fonte di scoperta di un piccolo gioiello di classe cantautorale ed elegante intensità espressiva, che fanno di “The Cellardyke Recording And Wassailing Society” uno dei più autentici e riusciti tra i comunque ottimi album recenti di James Yorkston, forse quello che esprime in maniera più evidente la personalità di un lieve artigiano folk, che osserva con pacifica consapevolezza le lente trasformazioni apportate dal tempo su luoghi, persone e sentimenti.

*disco della settimana dal 18 al 24 agosto 2014

http://www.jamesyorkston.co.uk/

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