JON BROOKS – 52
(Clay Pipe, 2014)
A margine di quella principale, contraddistinta dall’alias Advisory Circle, Jon Brooks coltiva un’attività solista a proprio nome espressa finora in prevalenza in formato digitale, oltre all’album “Shapwick”, pubblicato due anni fa su Clay Pipe Music. È la stessa etichetta diretta da Frances Castle a licenziare adesso, in una limitata edizione in vinile, un nuovo lavoro organico dell’artista inglese, improntato a un personale paesaggismo sonoro che affonda le sue radici in ricordi di luoghi, tempi e persone familiari.
Quella di “52” è, in tal senso, una perfetta descrizione “hauntologica” dei ricordi di Brooks di un’abitazione avita, descritta in minuti bozzetti elettro-acustici di natura estremamente eterogenea. Pur collocandosi nell’alveo della matrice concettuale richiamata, il lavoro non si limita a definire la persistenza di matrici sonore originarie, bensì crea, manipola e ricombina senza sosta gli elementi di una rappresentazione radicalmente nuova, essa stessa destinata alla durevolezza dopo essere stata impressa sui solchi del vinile di “52”.
Tra le quattordici tracce raccolte nel lavoro si può infatti scorgere un composito affresco di suoni, elementi e anche modalità espressive. Da frammenti concreti dalla durata di un minuto o due a più articolati frutti di accurate orchestrazioni elettro-acustiche, “52” si svolge infatti in equilibrio tra folate di palpitante nostalgia ambientale e un crepitante universo di screziature elettro-acustiche, dando luogo a un continuo gioco di specchi tra sospensioni spettrali ed esili trame armoniche. Field recordings naturalistici, stravaganze elettroniche, stille pianistiche, soffi ambientali e scheletrici accenti folk si avvicendano lungo i tre quarti d’ora del lavoro, incorniciando istantanee di memorie così rese atemporali attraverso una sensibilità a metà tra contemplazione fisica ed evocazione esoterica.
Per premesse concettuali e resa sonora, l’album può ritenersi diretto discendente non solo dei lavori di Brooks come Advisory Circle ma soprattutto dell’analoga operazione compiuta due anni fa in coproduzione con la stessa Clay Pipe nel tuttora misterioso progetto Tyneham House. Al paesaggismo ambientale entrambe le esperienze artistiche hanno sovrapposto quello della memoria, rappresentato nell’occasione con una delicata tavolozza dalle sfumature tipiche di un’Inghilterra vittoriana che pure continua a vivere nella musica di un ristretto novero di artisti contemporanei (Michael Tanner, Oliver Cherer e altri), accanto ai quali Jon Brooks può oggi degnamente collocarsi.