ÓBÓ – Innhverfi
(Morr Music, 2014)
In qualità di tastierista e percussionista, Ólafur Björn Ólafsson ha maturato una lunga esperienza accanto a praticamente tutti i più importanti artisti islandesi (dai Sigur Rós a Benni Hemm Hemm, dai Múm a Valgeir Sigurðsson). Adesso è giunto anche per lui il momento di intraprendere un’attività solista che, sotto l’acronimo Óbó, prova a riassumere il composito universo sonoro di uno dei Paesi musicalmente più attivi al mondo, coniugandolo con una sensibilità che include le sue ulteriori personali propensioni per timbriche jazzy e per la scrittura di fragili frammenti cantautorali.
Tutto questo è condensato negli appena ventotto minuti di “Innhverfi”, nei quali Ólafsson dimostra innanzitutto di non aderire ad alcuno dei possibili canoni mutuabili dai più noti connazionali ma piuttosto di provare a elaborare una propria autonomia fisionomia espressiva. Ancorché sicuramente riconducibile a un minimo comune denominatore di vaporosa incorporeità e naturalismo romantico, quest’ultima si manifesta in una sequenza nella quale suggestioni cameristiche e cadenze sfumate scolorano organicamente le une nelle altre, mutando consistenza sonora e associandosi a di volta in volta al timbro baritonale di Ólafsson, che alterna un timido cantato a un confidenziale spoken word.
Dall’ambience granulosa dell’apertura “Úthverfi” si dischiude così pian piano una narrazione di moderato romanticismo, sviluppato dai brani più compiuti tra i sette che compongono la tracklist (“Svartur Galdur” e la conclusiva “Gullregn”, con la sua apertura di archi di ampio respiro), mentre tonalità jazzy affiorano con austera decisione in dialoghi tra pianoforte e cristalline frequenze di vibrafono (“Fyrirbo∂i”, “Rétt E∂a Rangt?”). Rispetto a queste ultime, i passaggi di scarno camerismo completati dal cantato sottovoce di Ólafsson appaiono quelli suscettibili di più interessanti sviluppi, all’interno dell’articolato ventaglio espressivo dell’artista islandese che, se non altro, riesce a fornire una propria personale declinazione della purezza incontaminata di un Paese incredibile, non solo dal punto di vista musicale.