united_bible_studies_doineannUNITED BIBLE STUDIES – Doineann
(A Year In The Country, 2014)

Ogni nuova tappa del visionario percorso del cenacolo aperto avant-folk riassunto dalla denominazione United Bible Studies rappresenta un enigma, a cominciare dall’identità dei musicisti che vi hanno preso parte. A due anni dall’ultimo organico lavoro collettivo “I Am Providence”, l’abituale dozzina abbondante di artisti dediti a un’improvvisazione folk radicata nei recessi più reconditi della cultura popolare e del misticismo irlandese.

Nell’occasione di “Doineann” la line-up è composta tra gli altri da Richard Moult, David Colohan (Raising Holy Sparks), Alison O’Donnell (The Owl Service), Michael Tanner e Áine O’Dwyer, artisti tutti già tra i principali protagonisti dell’esperienza di United Bible Studies e a loro volta impegnati, singolarmente o attraverso altre molteplici collaborazioni, nella narrazione sonora di misteriosi mondi scomparsi, ma vivissimi nella tradizione e nello stesso paesaggio rurale britannico.
Proprio alle componenti più atmosferiche della countryside sono improntate le sei tracce di “Doineann”, registrate in presa diretta in vari contesti delle due isole britanniche, quasi come se i luoghi stessi potessero lasciare traccia di sé in suoni già per loro natura arcani, intrisi di magia e obliquo romanticismo.

Ancora una volta il caleidoscopio di United Bible Studies opera quale filtro atemporale di rappresentazioni sonore aliene ma, in questo caso più che in altri, saldamente ancorate a risalenti radici folk.
La piccola orchestra United Bible Studies rispolvera il suo amplissimo arsenale espressivo, composto da strumenti antichi oltre che da un peculiare impiego di archi, fiati, strumenti a corda e percussioni acustiche. Tutto ciò da luogo ad atmosfere sospese in equilibrio nella sintesi di linguaggi e fisionomie artistiche di “Doineann”, che in due tracce di durata superiore ai dieci minuti e quattro più brevi bozzetti coniuga una lucida matrice concettuale con l’istinto di esecuzioni improvvisate ma tra loro perfettamente complementari.

Nel corso del lavoro non mancano saltuarie derive acide, né ancestrali torsioni droniche e persino bizzarri inserti dall’antico sapore freak, come in certe parti di fiati della title track, eppure la sua essenza appare particolarmente legata a fragranze bucoliche, tanto nelle ambientazioni (in qualche misura imparentate con quelle di altri vagheggiatori della countryside quali da ultimo i Memory Drawings, come ad esempio nella conclusiva “Halo”) quanto nella narrazione, riassunta in frammenti di tono più o meno ieratico dalle voci di Natalia Beylis e David Colohan. La mistica coralità ambientale di “Clay In My Hands”, i toni soffusi di “The Blackened Fields” e la stessa lunga declamazione di “Halo” tratteggiano quanto di più simile a vere e proprie “canzoni” rinvenibile nell’estetica di United Bible Studies, avviluppata in un prezioso scrigno conservatosi intatti da chissà quale lontana epoca e oggi perpetuato dalla sensibilità di un collettivo di musicisti che prosegue imperterrito le proprie esplorazioni di un’altra dimensione umana e sonora.

https://www.facebook.com/unitedbiblestudies

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