SIAVASH AMINI & MATT FINNEY – Familial Rot
(Umor Rex, 2016)
Al pari del connazionale Porya Hatami, Siavash Amini è artista particolarmente incline alle collaborazioni; a poco più di un anno di distanza da quella con Heinali in “When No Wind Whirled” e appunto per tramite di quest’ultimo lo sperimentatore iraniano è entrato in contatto con Matt Finney, alle cui parti vocali ha associato le proprie imponenti costruzioni droniche.
Un po’ come avveniva nel debutto “Till Human Voices Wake Us” (2014), le gravi declamazioni di Finney costituiscono il punto di partenza dal quale Amini dispiega il proprio arsenale di stratificazioni elettriche di chitarra, basso e pianoforte, in forma manipolata e più o meno improvvisata, riecheggiando nei suoni l’immaginario e il mood delle parole. Le quattro lunghe tracce di “Familial Rot” sono dunque accomunate da un pesante alone caliginoso, che si manifesta di volta in volta nell’abrasiva superficie distorta che prelude all’esplosione di “Whole Summer” o nelle dissolvenze ipnotiche di “Your Daughters”.
L’inquietudine opprimente che avvolge i quaranta minuti del lavoro, che trova suggello nelle stranianti astrazioni della conclusiva “Coyote”, conosce parziale respiro soltanto negli evanescenti riverberi di “Halcyon”, il cui crescendo solenne appare una sorta di traslitterazione drone delle aperture di post-rock orchestrale. Parimenti travolgente risulta, infatti, la catarsi sonora condensata dai due artisti nel frutto della loro esperienza collaborativa, che offre un tenebroso spaccato dell’applicazione di contenuti narrativi a vibranti cattedrali di suono.