endless_melancholy_her_name_in_a_language_of_starsENDLESS MELANCHOLY – Her Name In A Language Of Stars
(Hidden Vibes, 2015)

Oggi più che mai, la musica di Oleksiy Sakevych e la sua parabola artistica sotto l’alias Endless Melancholy rappresenta una testimonianza del reale, che non necessita di parole ma punta tutto sulle suggestioni, sull’essenza più pura di un suono divenuto via via più denso e inquieto.

Ad appena un anno da “Fragile”, il quarto album dell’artista ucraino ne corona in maniera emblematica l’affrancamento dai canoni del minimalismo neoclassico, in sei tracce originali e tre remix che ne suggellano la transizione ambient-drone. Si tratta, in fondo, della traduzione sotto diversa forma delle pulsioni post-rock che percorrevano carsicamente gli esordi di Sakevych, delle quali “Her Name In A Language Of Stars” perpetua le potenzialità di coinvolgimento emotivo, ancora connaturate all’impostazione orchestrale ancora tangibile nel lavoro precedente ma che ora rimane confinata sempre più nelle quinte dei nuovi brani.

Al ruolo di protagonista assurgono, in maniera sempre più decisa ed esplicita, maestose correnti droniche, che a tratti sfociano in una massa di rumore gassoso in continua, lenta evoluzione. Il risultato sono imponenti cattedrali di suono, dalla soverchiante densità come quelle di Tim Hecker (“Tiny Box Of Memories”, “Daydreaming”) o popolate da riflessi immateriali come le contemplazioni astrali degli Hammock (la title track e “Their Hearts Erased”). In composizioni che avanzano tra sospensioni temporali e modulazioni di frequenze più o meno sature, si colgono appena in controluce frammenti di distanti risonanze pianistiche (al termine di “Tiny Box Of Memories”) o aperture d’archi filtrati, preliminari a crescendo distorti (“Like Ships Without Anchors”).

Tenore e protagonisti dei tre remix definiscono una volta per tutte la transizione ormai compiuta di Sakevych, con l’applicazione da parte di Benoît Pioulard della tavolozza ambientale del suo ultimo “Sonnet” a “Their Hearts Erased”, il russo Desolate Horizons ad amplificare il contenuto distorto dello stesso brano e Will Bolton a calare in un universo di riverberi e microsuoni spettrali i loop di “Tiny Box Of Memories”. Tre brani che rappresentano l’ideale complemento di un lavoro che di Endless Melancholy mantiene e anzi esalta fascino cinematico e potenzialità di coinvolgimento, in un flusso sonoro che nell’elevazione dai tormenti terreni ricerca il mezzo per decriptare segnali provenienti da uno spazio sconfinato e misterioso.

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