FEDERICO DURAND – El libro de los árboles mágicos
(Home Normal, 2012)
Non sono certo rari i casi in cui la musica ambient assorbe ispirazioni e suoni da contesti naturalistici; capita tuttavia con minore frequenza che l’osservazione di luoghi e contesti atmosferici venga elevata a vera e propria essenza di un’opera. È più o meno quel che avviene, invece, in “El libro de los árboles mágicos” ultimo lavoro di Federico Durand, colpevolmente passato sotto silenzio nel corso del 2012, e incentrato non semplicemente su un intreccio di trame elettroacustiche e field recordings, ma su un’idea di completa integrazione musicale di suoni organici, finalizzata a creare un senso di armonia tra gli elementi.
L’album riassume un omaggio del compositore argentino ai luoghi natali della madre, situati in un ambiente rurale e incontaminato, che nelle sette tracce del disco ricorre in una costellazione di suoni che va da versi di uccelli a frinire di foglie, dal liquido fluire di corsi d’acqua al calpestio di passi sulle foglie o nella neve. Ma soprattutto, accanto ai field recordings, corrono impressionistiche ondulazioni elettroniche e tenui note acustiche, che completano il pacifico affresco di un tempo magicamente sospeso, facendo del contenuto del disco qualcosa di molto vicino al suo titolo.
Anche grazie a collaboratori quali Chihei Hatekeyama e Ian Hagwood, Federico Durand ha così riassunto lo spaccato di un naturalismo ambientale che reca con sé una sorta di descrizione in presa diretta dei momenti e dei luoghi che l’hanno originato. Che si tratti della densità cangiante di “La niebla cambia de color”, delle tremule screziature dell’iniziale “Crisantemo”, degli delay della title track o dell’innalzamento dei loop di arpa e zither della conclusiva “Cinco luciernagas”, le orme tracciate da Durand nel bosco della sua immaginazione meritano di essere seguite con attenzione, per potersi regalare poco più di quaranta minuti di un tempo incantato, in una pace panica con gli elementi.