sumieSUMIE – Sumie
(Bella Union, 2013)

L’incontro tra culture ed esperienze umane e artistiche diverse produce spesso sintesi estremamente stimolanti. Non sfugge alla constatazione il debutto di Sandra Sumie Nagano, svedese di padre giapponese che non solo riassume in sé una peculiare ibridazione di stili di vita e tradizioni espressive ma ha racchiuso nel suo album di debutto una miscela di storie personali, determinate dalla sua vita girovaga e da importanti affiancamenti produttivi.

Sotto il primo profilo, nei dieci brani del lavoro possono scorgersi le eredità tanto del folk svedese quanto della grazia acustica giapponese, mentre il recente ritorno a Göteborg ha consentito a Sumie di filtrare le proprie esperienze di fronte alla condizione reale di madre di due bambini, che ne ha in qualche misura alimentato l’opzione per il formato espressivo placido e minimale di chitarra e voce, votato a ben altro understatement rispetto a quello della sorella Yukimi, che guida la band electro-pop Little Dragon. A tutto ciò si aggiunge nell’album il contributo di compositori neoclassici di prim’ordine quali Nils Frahm, nei cui studi berlinesi è stato registrato, e Dustin O’Halloran, che oltre ad averlo prodotto vi ha contribuito con il suo pianoforte.

Sono sufficienti le prime note stillate dalla chitarra acustica di Sumie nell’iniziale “The Spell” e l’elegante tepore della sua voce al tempo stesso sottile e intensa per palesare da subito i cardini del lavoro e per avvolgere in atmosfere di sognante intimità. È di tutta evidenza un mondo riservato e fragile quello della cantante svedese, rappresentato attraverso melodie cullanti e un picking intriso di fluida serenità; non è difficile immaginare il contesto casalingo nel quale i dieci brani del disco sono nati, l’ambiente raccolto, il calore domestico, il sicuro riparo dal freddo e dall’oscurità di un inverno nordico.

In tale temperie, le canzoni di Sumie brillano come luci preziose e raffinate, che si stagliano sull’essenziale accompagnamento con la magia sinuosa ma delicata di una fiaba nordica e con una cura dell’equilibrio tra gli elementi di stampo vagamente orientale. Sono proprio gli interstizi tra le note acustiche e l’ampiezza di spazi nella quale risuonano le soffuse melodie di Sumie ad esaltarne le doti interpretative in una carrellata di piccole gemme che conquistano con il loro piglio dimesso ma niente affatto negativo, che anzi si apre a respiri di aria cristallina in canzoni frutto di una mirabile interazione tra strutture armoniche e atmosfere di rarefatta penombra (su tutte “Never Wanted To Be”, “Show Talked Windows” e la conclusiva “Sailor Friends” accompagnata dal pianoforte di O’Halloran).

Frutto di una miscela tra storie e culture paragonabile forse solo a quella di Mirel Wagner e dotata di un fascino che, in chiave ben più scarna e introversa, potrebbe far ripensare ad Hannah Cohen, non a caso un’altra scoperta “rosa” targata Bella Union, il debutto di Sumie si impone con ispirata gentilezza ed intensità evocativa come l’ultima, incantevole perla di un’annata che, da Alela Diane a Chantal Acda, ha regalato tante validissime declinazioni del cantautorato al femminile.

[youtube http://www.youtube.com/watch?v=jrFN-hC785Q]

http://www.sumienagano.com/

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