GODSPEED YOU BLACK EMPEROR! – F♯ A♯ ∞
(Kranky, 1998)
Vent’anni. Tanti potrebbe dirsi che ha oggi un certo tipo di post-rock, quello più orchestrale e carico dal punto di vista emotivo, quello che da lì in poi quella definizione ha incarnato in maniera prevalente, ben oltre il carattere non definitorio dell’espressione, utilizzata originariamente in tutt’alto contesto, a proposito di “Hex” dei Bark Psychosis.
Era, soprattutto, l’inizio di una delle ultime vere e proprie “scene”, di un contesto creativo collettivo coagulatosi in un loft di Montreal, riadattato a studio di registrazione e luogo per esibizioni dal vivo e da lì in poi teatro di una straordinaria stagione creativa, orgogliosamente québécois. Eppure, oggi come allora, suscita un sorriso stupito rileggere recensioni dell’epoca che citavano Pink Floyd e rock progressivo a proposito di “F♯ A♯ ∞” (“F-sharp, A-sharp, Infinity”), debutto di un ensemble di una quindicina di musicisti che incuriosiva fin dalla denominazione di Godspeed You Black Emperor!.
Pubblicato in forma di due lunghe tracce su vinile nel 1997, quale terzo titolo della nascente Constellation Records, il lavoro trova diffusione mondiale attraverso la Kranky di Chicago, che nel giugno dell’anno seguente ne riporta su cd un’edizione sensibilmente diversa, ampliata a tre tracce (per circa un’ora di durata complessiva) frutto della registrazione di nuove parti e di un sostanziale riassemblaggio del materiale originario. Sì, perché “F♯ A♯ ∞” è come una sequenza di cortometraggi di natura e contenuto sonoro eterogeneo, presentati secondo la trasposizione musicale del cut-up letterario, a veicolare un messaggio socio-politico di forza non inferiore alle coinvolgenti suggestioni emotive di tre movimenti – a loro volta composti da una pluralità di segmenti – che non contemplano testi veri e propri ma presentano soltanto un paio di significative parti declamate, la cui funzione non è tuttavia diversa da quella dei field recordings e dai samples post-industriali presenti lungo tutto l’album.
Proprio dal tenore ieratico – per certi versi millenarista – delle due declamazioni poste in testa al brano di apertura “The Dead Flag Blues” e di quello di chiusura “Providence”, è stato spesso desunta la natura apocalittica del messaggio dei Godspeed You Black Emperor!, senz’altro alimentato dalla costruzione incrementale delle loro sinfonie per archi e crescendo di chitarre impetuose. Tuttavia, i pochi elementi desumibili dalle note di copertina e la stessa successiva storia della band inducono a riscontrare nell’equilibrio tra riflessione e travolgente impeto di “F♯ A♯ ∞” piuttosto un messaggio di oggettiva constatazione del mondo, delle contrastanti emozioni da essa suscitate e, infine, di una spinta all’azione, individuale o collettiva,che sarà ancora più esplicita nei successivi lavori della band e in quelli dei suoi vari progetti collaterali, a cominciare da A Silver Mt. Zion e Set Fire To Flames.
Lo sterminato campo d’azione e di suggestione della band è ben rappresentato dal diagramma contenuto nella parte interna dell’artwork del disco: tra i quattro punti cardinali di paura e speranza, desiderio e rimpianto, si muove il composito ensemble québécois, non solo associando una sezione d’archi a un robusto impianto post-punk, ma contornando il tutto di schegge sonore concrete, un’infinita serie di loop ed effetti, nonché rumori meccanici tratti dalla straniante quotidianità metropolitana.
A fronte di essa, i brani di “F♯ A♯ ∞” lasciano riaffiorare, esaltandole al massimo grado, le componenti profondamente umane di emozioni oscillanti tra estremi opposti, che come tali rispecchiano la traboccante complessità e l’incertezza della condizione personale e globale alla fine del secolo, sintetizzata con schiettezza dall’interrogativo “Where are you going?”, ossessivamente ripetuto nella traccia finale.
Il significato profondo del lavoro risiede appunto nella sommatoria di singoli passaggi, elementi e dettagli – non solo strettamente musicali – che culmina in una rappresentazione a tutto tondo, di ambiente, individuo e collettività, rispettivamente incarnata dall’eterogeneità dei samples, dalle altalenanti pulsioni emotive e dalla tensione della lacerante consapevolezza di un destino condiviso. Nella forma e nella sostanza, dunque, “F♯ A♯ ∞” non poteva non risultare che un’opera del tutto spiazzante per i canoni della sua epoca, come appunto i primi termini di comparazioni applicativi dimostrano; continua a esserlo pienamente anche oggi, quando il solco da esso tracciato si è espanso in mille rivoli – dalle sperimentazioni orchestrali al paesaggismo ambientale – mantenendo tuttavia inalterato il suo carattere rivoluzionario, nel messaggio e nell’approccio, che di post-moderno e post-rock (?) presentano soprattutto la valorizzazione delle istintive dinamiche umane.
“The car is on fire, and there’s no driver at the wheel
And the sewers are all muddied with a thousand lonely suicides and a dark wind blows
The government is corrupt
And we’re on so many drugs with the radio on and the curtains drawn
We’re trapped in the belly of this horrible machine
And the machine is bleeding to death
The sun has fallen down
And the billboards are all leering
And the flags are all dead at the top of their poles“