bracken_exist_resistBRACKEN – Exist Resist
(Baro, 2014)

Mentre il fratello Richard continua a perseguire con una certa assiduità (come The Declining Winter e in Memory Drawings) la trasformazione della malinconia rurale che aveva costituito uno dei tratti fondamentali dell’incredibile esperienza degli Hood, anche Chris Adams non mostra alcuna intenzione di voler ritirare dietro le quinte le esplorazioni del lato più urbano ed elettronico di quella band. Eppure, negli ultimi anni, Chris ha preferito lavorare nell’ombra, accanto ad altri artisti quali Chris Cole e Matt Elliott piuttosto che presentarsi in proprio, sotto le insegne del progetto Bracken, il cui debutto “We Know About The Need” (2007) aveva costituito il primo battito successivo alla prolungata (e ormai probabilmente definitiva) interruzione dell’attività degli Hood.

Desta dunque molta curiosità la ripresa da parte sua del percorso di Bracken, che giunge dopo ben sette anni di silenzio sotto forma della cassetta in edizione limitata dall’emblematico titolo “Exist Resist”. Nelle sue nove tracce si ritrova buona parte dell’ambizioso impianto sperimentale di Chris Adams, affascinato dalle infinite possibilità di un’elettronica declinata nelle varie forme di cut-up ritmici e bassi profondi – come tali potenzialmente serventi alle sue tentazioni hip hop – ma anche di ambientazioni atmosferiche e decostruzioni rumorose.

In meno di quaranta minuti, Adams racchiude tutto ciò, aggiungendovi qualche residua scheggia melodica, pur sempre filtrata dal suo vorticante caleidoscopio di linguaggi sonori. Quella di “Exist Resist” è infatti una sequenza incalzante, che mantiene sempre desta l’attenzione per la scoperta di cosa potrà riservare la traccia successiva, fin quasi a risultare disorientante.
Cosa unisce, infatti, il claustrofobico dub urbano di “Presence (In Close Focus)” all’obliquo pop cantato-parlato su basse frequenze avvolgenti di “Colour And Calm” e di “We Put The Pop In Unpopular”? E i sinuosi vapori dell’ambience granulosa e contemplativa di “Awake Into Falling Light” e “Ravenser Odd” alle pulsazioni sintetiche di “No Sense Of Place” e della conclusiva “This Same Picture Again”? Sicuramente la mutante sensibilità di Adams, capace di coniugare Flying Lotus con i colori della countryside, ricerca di groove elettronici e lontane reminiscenze di contenuti melodici.

La risposta più credibile la fornisce però lo stesso Adams, in tutto il corso di “Exist Resist” e in particolare nel suo brano più lungo, “Grace Abstract Dying Sun”, forse il pezzo più prossimo agli ultimi Hood, capace di riassumere nei suoi oltre sette minuti l’essenza di un intero percorso artistico, complesso e mutevole ma che per fortuna non ha ancora esaurito spinta propulsiva e desiderio di esplorare territori musicali alieni.

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