Il secondo capitolo delle improvvisate intersezioni guidate dai suoni e dalle narrazioni di Jan e Romke Kleefstra costituisce il naturale seguito del primo, pubblicato sul finire del 2018. Identico il luogo che vi ha fatto da teatro, una piccola chiesa rurale della Frisia, e immutata la formazione, che nuovamente comprende le schegge elettroniche di Rutger Zuydervelt (Machinefabriek), le onde radio di Sylvain Chauveau, i vocalizzi di Annelies Monseré, il clarinetto e il sax di Joachim Badenhorst.
Pur originati dalla stessa sessione di improvvisazione, i frammenti catturati dal vivo sono stati riassemblati, privilegiandone da un lato le dinamiche acustiche e dall’altro la statica solennità degli spoken word, amplificata dalle naturali risonanze del luogo e dalle emissioni elettroniche che le attraversano. Il risultato è sorprendentemente coeso, incorniciato dalla desolazione di un paesaggio invernale radicalmente mutato dall’uomo (quello delle torbiere abbandonate della Frisia), eppure proprio per questo intrise di un fascino obliquo, che l’estemporaneo dialogo tra diversi linguaggi artistici incastona con sinistra poesia.