THE DECLINING WINTER
Really Early, Really Late
(Home Assembly/Rusted Rail, 2023)*

La percezione musicale è, sovente, una questione di tempi e contesti. Provate ad ascoltare i brani di “Really Early, Really Late” in mezzo al traffico cittadino oppure nella quiete di distese rurali a perdita d’occhio, i cui colori prendono forma alla luce di una transizione stagionale. Ebbene, potrà forse sorprendere che la musica di Richard Adams, da sempre ispirata da luoghi molto simili ai secondi, ne travalichi il senso meramente descrittivo per rivelare invece aspetti di straniante, romantica malinconia anche avulsa dal proprio contesto d’origine.

Tutto ciò è vero come non mai nel lavoro che segna il ritorno di The Declining Winter, dopo un periodo di non usuale silenzio che, almeno quanto al formato album, durava dai tempi di “Belmont Slope” (2018). La lunga elaborazione, in prevalenza a distanza, di “Really Early, Really Late” ricompensa ampiamente l’attesa, candidandosi per densità di contenuti e varietà di collaboratori a vera e propria summa di quanto realizzato da Adams negli ormai quindici anni di attività di quello che rappresenta senz’altro il principale dei numerosi progetti artistici da lui intrapresi dopo la conclusione dell’incredibile esperienza degli Hood.

E, in effetti, progetto principale di Adams da ormai quindici anni a questa parte, l’ora scarsa di durata del nuovo lavoro è con ogni probabilità quanto di più “hood-iano”, nello spirito più ancora che nei suoni, della sua produzione successiva. Si tratta, innanzitutto, di un album lungo e calmo, i cui toni in prevalenza meditativi possono farne risultare i brani non del tutto immediati, eppure immerso come non mai nell’ambience nebbiosa di una countryside dolcemente desolata, nella quale si manifestano poche ma preziose connessioni, come quelle con i numerosi musicisti che hanno partecipato al lavoro, da Sarah Kemp e Peter Hollo, da Ben Holton degli epic45 a Keith Wallace (Loner Deluxe) e Cecilia Danell (A Lilac Decline).

Sulla penombra dai tempi dilatati instillata fin dall’iniziale “The Darkening Way”, Adams e soci innestano compassati acquerelli sonori, ricamati da un inconfondibile picking acustico (“Yellow Fields”), scanditi dalle sorprendenti timbriche jazzy della title track o espanse sotto forma di soffi sintetici in torbida trasformazione, come lungo i dieci minuti di “How To Be Disillusioned”, brano che da solo vale un vero e proprio manifesto del percorso artistico di Adams dagli esordi a oggi. Dalle vaporose sospensioni di “This Heart Beats Black” all’obliqua ballata folk “The Fruit Of The Hours”, Adams pennella una sequenza di impressionistici bozzetti bucolici, in perfetto equilibrio tra contemplazione e pathos, tra pace esteriore e tormenti interiori appena sopiti, filtrati da paesaggi sonori che in particolare in “Song Of The Moor Fire” lambiscono gli Hood più rurali e malinconici di “Rustic Houses Forlorn Valleys” e “The Cycle Of Days And Seasons”.

Ovunque lo si ascolti, “Really Early, Really Late” restituisce appunto quelle sensazioni campestri, senza indulgere in descrittivismo da cartolina, ma elevandole a condizione dello spirito riflessiva e disincantata come non mai. Se dovesse essere vero che, come anticipato in sede di presentazione, che “Really Early, Really Late” sarà destinato a restare l’ultimo lavoro di Adams sotto la denominazione The Declining Winter, sarebbe con ogni probabilità il più articolato ed esaustivo del suo intero percorso musicale, agrodolce e sincero come un paesaggio campestre al crepuscolo.

*disco della settimana dal 27 marzo al 2 aprile 2023

http://www.thedecliningwinter.com/

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