GLACIS – 22.16.04
(Soft Corridor, 2012)
L’attivissimo Euan McMeeken offre nuovi ventidue minuti di stille pianistiche ed esplorazioni sonore nel terzo Ep del suo progetto solista Glacis, che per l’occasione entra in contatto con la micro-label Soft Corridor. Come già avvenuto per il primo titolo del catalogo dell’etichetta belga (l’omonimo Ep di Equimus), anche “22.16.04” viene pubblicato in formato digitale e in una curata edizione fisica limitata a cinquantacinque copie in cd-r.
Nel proseguire idealmente il percorso tracciato dalla colonna sonora d’animazione “Music For The Animation Tohu Va Vohu”, nel nuovo lavoro McMeeken mira a coniugare l’antinomia tra elettronica e strumentazione reale, non semplicemente giustapponendo o filtrando note pianistiche e dilatate armonie d’archi ma, in un certo senso, accettando il conflitto tra tali elementi, in modo da renderli paritetici protagonisti di quattro composizioni in bilico tra classicismo e sperimentazione.
Particolarmente evidente è la scissione tra le due “anime” dell’Ep nelle sue tracce dispari, realizzate in collaborazione con Matthew Collings; nei due frammenti risultanti (poco meno di due minuti l’iniziale “Slow Morning”, tre “May This Night Never See Morning”) l’intenso risuonare del pianoforte è attraversato da detriti sintetici ben riconoscibili e a tratti persino lambenti il rumore. Più lineari risultano invece i restanti due brani, pur eseguiti accanto all’altro compositore dronico Ed Hamilton, con “Words Held Back Create A Restlessness” che fluttua solenne su prolungate correnti d’archi, e la conclusiva “In Dawns Mouth Lives The Pulsing Remains Of Hope”, piccola sinfonia che con i suoi undici minuti occupa metà della durata dell’Ep, sviluppandosi da un minimale romanticismo pianistico gradualmente addensato e reso saturo da frequenze elettriche in progressivo increspamento, peraltro rese alla perfezione dal mastering curato dal sempre sensibile Fraser McGowan.
Comune denominatore di tutti i brani, che scorre appena sotto la loro superficie, resta comunque il tocco lieve ed emozionale di McMeeken, artista ancora una volta capace di rendere tutt’altro che banale l’ormai consolidato accostamento tra strumenti classici ed elettronici.