rearview mirror: 2019

Una serie di eventi personali che hanno ridotto la serie recente delle pubblicazioni del sito – preludendo a una sua significativa riconsiderazione a partire dalle prossime settimane – hanno finora impedito la pubblicazione del consueto appuntamento di inizio anno, dedicato ai dischi di quello appena concluso.

Dato l’ulteriore ritardo accumulato, risparmio le ormai consuete considerazioni sul senso (sempre più prossimo allo zero) di playlist e classifiche annuali, parametrate alle attuali modalità di fruizione e circolazione delle produzioni musicali. Sul tema, mi limito a far mie, le parole di Mirco Salvadori nel suo articolo “In fuga dalle playlist”, pubblicato sul numero di dicembre 2019 di Rockerilla. Di quel testo, del quale sottoscrivo anche le virgole, sottolineo in particolare la parte in cui l’autore continua nella vera e propria “impresa” di cercare “di spiegare che una playlist pubblicata da un giornalista musicale non è la Bibbia. Prima di essere un giornalista, chi scrive è un ascoltatore così come lo sono tutti coloro che lo leggono. È un individuo con dei gusti propri, non sempre condivisibili. È una persona che magari ascolta una quantità maggiore di musica ma che non stringe la verità nella mano”.
Il discorso, senz’altro estensibile alle playlist delle testate, vale quale vero e proprio monito a chi legge e vale a maggior ragione per le note che seguono, più brevi e circoscritte rispetto agli anni precedenti; non soltanto per le tempistiche, ma anche perché segnalare a questo punto parecchie decine di dischi corre seriamente il rischio di essere inutile come compilare una playlist.

Allora, tanto vale concentrarsi su un numero di dischi limitato, menzionando quei pochi che hanno davvero caratterizzato l’annata personale di ascolti, quei pochi che – credo – sapranno farsi ricordare anche a distanza di qualche tempo. Quelli che seguono sono dunque rapidissimi appunti, sottolineature particolari di dischi già segnalati nel corso dei mesi, tra tutti quelli che hanno meritato una menzione più o meno lunga e un ritaglio di tempo per scriverne qualche riga.
Da ascoltatore di musica da un numero di anni che ormai comincia a spaventare, sorprende almeno in parte che il 2019 possa essere ricordato non soltanto per alcuni ottimi lavori di musicisti navigati, ma anche per debutti che sono davvero riusciti a toccare corde profonde.

Proprio un debutto merita infatti la prima menzione di questo riepilogo, quello del polistrumentista messicano Carlos Morales sotto l’alias The Phonometrician. L’ambience acustica del suo “Mnemosyne”, ampiamente incentrata su un caldo picking e sostenuta da una linea guida concettuale legata alla traduzione in un flusso sonoro dell’empatico coinvolgimento emotivo e della natura evanescente del ricordo.

Subito dopo, non si può non rimarcare il ritorno all’eccellenza (e al romanticismo) pop dei Belle & Sebastian, il cui “Days Of The Bagnold Summer” ha per lungo tempo faticato a uscire dal lettore, rispolverando fasti non più raggiunti da almeno tre lustri da parte di Stuart Murdoch e compagni. Altro disco che, pur uscito a inizio anno, ha perpetuato memoria di sé per tutto il 2019 è stato “Tomb” di Angelo de Augustine, che ha emozionato per delicatezza minimale e palpitante senso della melodia.

A seguire, un altro debutto, quello intensissimo e fortemente caratterizzato in senso femminile, dell’irlandese Maija Sofia (“Bath Time”), a capeggiare idealmente la lunga schiera di artiste che, ancora una volta, hanno dimostrato di saper emozionare e incuriosire con la loro sensibilità creativa. È quest’ultimo in particolare il caso di Emily Cross, che con il suo album omonimo sotto l’alias Cross Record ha raggiunto una compiuta maturità nella cura di testi e ambientazioni sonore. Decise conferme sono poi provenute dalle varie Tiny Ruins, Lucy Roleff, Aldous Harding e Florist, così come dall’evoluzione in una visionaria chiave drone-pop di Carla Dal Forno, mentre il ritorno di Shannon Wright nelle vesti di inquieta musa al pianoforte ne ha completato la transizione più che ventennale da altrettanto inquieta ragazza con la chitarra elettrica.

Per l’indie-pop è stato, per ampi tratti, l’anno della Spagna, le cui etichette Bobo Integral e Meritorio hanno continuato a sfornare proposte di grande qualità. Da rimarcare in particolare il lavoro, piacevolmente di retroguardia, di El Palacio de Linares, il cui “Largos Agotadores” ha senz’altro accarezzato la nostalgia di tutti gli appassionati dell’indie-pop chitarristico inglese a cavallo tra anni Ottanta e primi Novanta. Gli stessi che, in una chiave decisamente acustica, non avranno mancato di salutare con piacere il venire alla luce, dopo lunghissima gestazione, dell’ultimo lavoro dei Melodiegroup di Roy Thirlwall.

Non sola nostalgia, ma un’evoluzione nel segno della continuità, ha caratterizzato l’ibridazione tra post-rock e shoegaze di Sungaze e MOLLY e le sognanti evoluzioni dei Living Hour.
Le reminiscenze dei suoni di inizio secolo sono tornate a materializzarsi nel ritorno, dopo oltre dieci anni, degli australiani Art Of Fighting, mentre addirittura da tre decenni addietro provenivano le canzoni rispolverate da Oliver Cherer per dar forma al suo “I Feel Nothing Most Days”.

Conferme di valore assoluto sono infine provenute da artisti di lungo corso come Bill Callahan, James Yorkston, Tindersticks e Pan•Ameircan, il cui “A Son” lo ha fatto scoprire in una chiave prevalentemente acustica e in una pur non del tutto inedita veste di “cantore narcolettico”. Ultime menzioni per i nuovi dispacci dagli oscuri recessi dell’animo di Boduf Songs (“Abyss Versions”, per il commosso ricordo di Zach Denton da parte del fratello Lachlan (“A Brother”), per il vaporoso debutto dalle atmosfere islandesi di Thomas Méreur e per l’inquietudine post-moderna riassunta in maniera immediata ed efficace come non mai dal duo iraniano 9T Antiope in “Grimace”.

La selezione ristretta, in luogo di un lungo e disorganico elenco, termina qui, ma si tratterà senz’altro di una chiusura soltanto parziale, poiché senz’altro molte altre gemme rimaste finora nascoste emergeranno dall’anno appena concluso. Su queste pagine cercherò di continuare a seguirle, in qualche modo, al pari di tutto quanto il nuovo anno sta già cominciando a offrire.
Buoni ascolti a tutti.

3 commenti Aggiungi il tuo

  1. Christian ha detto:

    Sono dispiaciuto per la situazione personale che può aver rallentato l’attività di questo sito. Personalmente è un punto di riferimento costante da anni su un certo tipo di musica e sensibilità affini.
    Egoisticamente spero che continuerai a dedicarti con la medesima passione che hai sempre avuto

  2. Sabella Vincenzo ha detto:

    Ciao, ho iniziato a leggere le recensioni sul blog, per me è stata una vera rinascita, ero arenato su una spiaggia isolazionista ed ora sto scoprendo un nuovo lato della mia personalità anche se sempre con melodie sognanti e melancoliche. GRAZIE , Vincenzo.

    1. rraff ha detto:

      Grazie a te del riscontro, che incoraggia davvero ad andare avanti nonostante il poco tempo e le inevitabili difficoltà.
      Fa piacere sapere che le proposte di queste pagine possano rappresentare fonte di scoperta, che in fondo è la loro principale finalità, anche se ciò dovesse accadere in un solo caso. Del resto, la passione per la musica non è mai uguale a se stessa, ma cambia nei vari periodi delle nostre esistenze.
      R.

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